Letteratura italiana

Poetica di Ungaretti

L’allegria di naufragi è la raccolta di poesie più conosciuta e nota di Giuseppe Ungaretti e viene pubblicata a Firenze, dall’editore Vallecchi, nel 1919. In essa, il poeta sviluppa il nucleo originario dei testi pubblicati ne Il porto sepolto nel 1916, in una rarissima edizione di sole ottanta copie, fatta stampare durante un congedo dal fronte. Una terza edizione del testo, con modifiche e varianti nei testi, è del 1923 quando l’autore recupera il titolo de Il porto sepolto.

Ulteriori modifiche ci sono nell’edizione del 1931, il cui titolo è solo L’Allegria: da questo momento Ungaretti non smette mai di rimaneggiare e modificare il volume, editandolo nuovamente nel 1931 (con il titolo L’Allegria), nel 1936 e nel 1942 (all’interno della raccolta Vita d’un uomo), fino ad arrivare alla versione del 1969, anno precedente a quello della morte del poeta.

Le tematiche: la guerra e il vitalismo

A causa della sua ampiezza, delle modifiche e delle aggiunte subite negli anni; L’allegria è un’opera abbastanza varia a livello tematico.

Riunisce al suo interno versi legati all’esperienza diretta della Prima Guerra Mondiale a poesie che ricordano alcuni momenti della vita privata dell’autore. Il titolo dell’opera esprime la gioia che l’animo umano prova nell’attimo in cui si rende conto di aver scongiurato la morte, drammaticamente contrapposto al dolore per essere uno dei pochi sopravvissuti al “naufragio”: questo sentimento si esprime con particolare intensità durante il periodo al fronte, ma attraversa tutta la raccolta e si concretizza nell’ossimoro del titolo. Lo spiega Ungaretti stesso nella Nota introduttiva alla Allegria di naufragi del 1919, spiegando d’aver voluto esprimere:

[…] quell’esultanza d’un attimo, quell’allegria che, quale fonte, non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da scongiurare.

In tal senso, una delle caratteristiche della poesia ungarettiana è quella del vitalismo, dell’ansia di vita che si manifesta anche e soprattutto nelle condizioni più difficili ed estreme, quali una notte in trincea accanto al cadavere di un compagno (come in Veglia), la percezione della precarietà della vita (si veda la celebre Fratelli) o il dolore indicibile per i lutti della guerra (San Martino del Carso). Altrove, la tensione vitalistica emerge nella riflessione su di sé e sul senso della propria esistenza (come ne I fiumi), nella malinconia dei pochi istanti di pace (come in Stasera) o nella riflessione sulla morte (Sono una creatura).

L’Allegria obbedisce così ad un proposito di poetica molto importante per Ungaretti: la ricerca, anche attraverso il dolore, del nucleo originario e assoluto dell’identità umana, attraverso cui riscoprire e ricostruire una fratellanza al di là della sofferenza. Metafora di questa ricerca si fa il “porto sepolto”, ovvero un fantomatico porto antico della città di Alessandria che per Ungaretti rappresenta “ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile”.

La poetica della “parola nuda” e la rottura delle convenzioni poetiche

L’elemento comune a tutti i componimenti è soprattutto quello autobiografico: Ungaretti stesso definiva L’allegria un diario. Prova ne è la scansione in capitoli dell’opera (rispettivamente: UltimeIl porto sepoltoNaufragiGirovagoPrime), come a narrare un romanzo in versi dell’autore dalle prime prove poetiche fino all’esperienza della guerra, che caratterizza contenuti e stile della prima stagione ungarettiana, contrapposta alle scelte più misurate e “classiche” del Sentimento del tempo.

Protagonista principale e indiscussa è sempre la parola, considerata dal poeta un veicolo fondamentale nella riscoperta dell’io. Per riconoscerle autonomia e libertà, Ungaretti sceglie di comporre sempre liriche molto brevi e “scarne”, inframmezzate da pause che tendono a focalizzare l’attenzione sul singolo vocabolo, per sottolinearne l’impatto semantico e la forza comunicativa; il superfluo viene costantemente accantonato.

La preferenza per la “parola nuda” 1 spiega così l’abolizione radicale della punteggiatura e il ricorso insistito allo spazio bianco sulla pagina, che isola i versi e spezza le misure strofiche classiche. L’uso del verso libero smonta dall’interno le strutture metriche tradizionali, modellando l’espressione poetica sull’urgenza comunicativa dell’io; questa urgenza poi fa spesso ricorso alla figura retorica dell’analogia per consegnare sulla pagina immagini particolarmente icastiche e pregnanti.

Si tratta di tecniche che Ungaretti mutua ampiamente dal Simbolismo francese (in particolare da Paul Valery e da Stephane Mallarmé) ma che costituiscono anche una importante novità nella lirica italiana e che quindi influenzeranno in maniera significativa la poesia dei decenni successivi.

Note

  1. Ungaretti spiega il senso dell’espressione in un articolo sulla rivista «La Fiera Letteraria» del 1955: “Se la parola fu nuda è […] era perché in primo luogo l’uomo si sentiva uomo, religiosamente uomo, e quella gli sembrava la rivoluzione che necessariamente dovesse in quelle circostanze storiche muoversi dalle parole. Le condizioni della poesia nostra e degli altri paesi allora non reclamavano del resto altre riforme se non questa fondamentale”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *