copyright -Mary Cassatt, Bambino che raccoglie una mela, 1883-
Pianto antico è una poesia di Giosuè Carducci dedicata al figlio Dante.
Il testo autografo reca la data giugno 1871.
È il quarantaduesimo componimento della raccolta Rime nuove (1887).
Il 9 novembre 1870 il piccolo Dante morì a soli 3 anni di età, molto probabilmente di tifo, nella casa paterna di via Broccaindosso a Bologna.
Così Carducci descrive la morte improvvisa del figlio:
«Il mio povero bambino mi è morto; morto di un versamento al cervello. Gli presero alcune febbri violente, con assopimento; si sveglia a un tratto la sera del passato giovedì (sono otto giorni), comincia a gittare orribili grida, spasmodiche, a tre a tre, come a colpi di martello, per mezz’ora: poi di nuovo, assopimento, rotto soltanto dalle smanie della febbre, da qualche lamento, poi da convulsioni e paralisi, poi dalla morte, ieri, mercoledì, a ore due.» |
(lettera di G. Carducci al fratello Valfredo, 10 novembre 1870) |
Dante era stato il primo maschio, dopo Beatrice e Laura, nato dopo il matrimonio di Carducci con Elvira Menicucci. L’ultima figlia, Libertà, nascerà nel 1872.
Nel febbraio dello stesso anno il poeta aveva perso anche la madre, Ildegonda Celli, venendogli così a mancare in appena nove mesi quella che gli aveva dato la vita e quello a cui egli l’aveva trasmessa:
«…A febbraio la mia povera mamma; ora il mio bambino; il principio e la fine della vita e degli affetti.» |
(Lettera di G. Carducci al fratello Valfredo, 10 novembre 1870) |
Del primo grave lutto così scrisse al fratello:
«Ella riposa, e non sente più nulla. Pace! Pace! Ma non è finita, non finisce, non finirà mai, la memoria e il desiderio nostro di lei. Io, che tutti i giorni quasi e spesso nei sogni penso e riveggo il nostro fratello morto, io ricorderò sempre lei, la rivedrò sempre; la ricorderò, la rivedrò, anche, spero, all’ultimo punto della mia vita» |
(lettera di G. Carducci al fratello Valfredo, 3 febbraio 1870) |
Nella lettera sopra citata Carducci accenna ad un’altra tragica morte («…riveggo il nostro fratello morto…»): il suicidio del fratello Dante nel 1857, appena ventenne, del quale il poeta aveva voluto mantenere il ricordo nel nome del proprio figlio.
Di questi giovani morti dallo stesso nome e così vicini Carducci celebrò ancora le vite interrotte prematuramente nel sonetto Funere mersit acerbo, inserito anch’esso in Rime nuove e scritto poco tempo dopo la morte del figlio.
«È il fanciulletto mio, che a la romita tua porta batte: ei che nel grande e santo nome te rinnovava, anch’ei la vita fugge, o fratel, che a te fu amara tanto.» |
(Funere mersit acerbo, vv. 5-8) |
TESTO
L’albero a cui tendevi
La pargoletta mano,
Il verde melograno
Da’ bei vermigli fior
Nel muto orto solingo
Rinverdì tutto or ora,
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l’inutil vita
Estremo unico fior,
Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol piú ti rallegra
Né ti risveglia amor.
METRO
Breve ode anacreontica in quartine di settenari, secondo lo schema abbc (il quarto verso sempre C, è sempre tronco).
Parafrasi
1. Quell’albero verso cui allungavi
2. la piccola mano,
3. quel melograno verdeggiante
4. dai bei fiori rossi
5. nel silenzioso giardino solitario
6. è rifiorito tutto da poco
7. e il mese di giugno lo nutre
8. di luce e di calore.
9. Tu, figlio, fiore della mia pianta
10. maltrattata e ormai secca,
11. tu della mia vita inutile
12. ultimo e unico fiore,
13. sei sepolto nella terra fredda,
14. sei sepolto nella terra nera,
15. e il sole non ti rende più felice
16. né il mio amore ti risveglia più.
Commento
L’apertura, come in molti testi carducciani, è sulla quotidianità autobiografica: un giardino primaverile, in cui un melograno “da’ bei vermigli fior” si sta aprendo alla nuova stagione vitale, che tuttavia ricorda al poeta, per brevi accenni, l’immagine del figlio scomparso: alla “pargoletta mano” che prima si tendeva all’albero corrisponde ora il “muto orto solingo”, non più rallegrato dalla presenza di Dante.
Agli indizi coloristici del ritorno della vita con la bella stagione contenuti nelle prime due quartine (“il verde melograno”, “vermigli fior”, “giugno lo ristora | di luce e di calor”) corrisponde – con calcolata simmetria e studiato effetto drammatico – il tono dolente con cui, nelle seconde due quartine, si commemora la perdita del figlio. Si susseguono così immagini di morte (“fior de la mia pianta | percossa e inaridita”, “de l’inutil vita | estremo unico fior”, “la terra fredda […] la terra negra”), sostenute da un ritmo anaforico (“tu”, “sei”, “né”; e si consideri che pure la struttura rimica dell’“anacreontica” conferisce al testo una sua musicalità) che indica l’ineluttabilità della sofferenza umana.
Così, recuperando il tema per lui tipico dell’immersione sentimentale nella Natura, Carducci riesce a ribaltare lo stereotipo: alla ciclicità del tempo naturale, in cui le stagioni si susseguono senza soluzioni di continuità, si contrappone la fissità irrimediabile del dolore della morte. Non a caso, in una prima versione Pianto antico era introdotto, a mo’ di spiegazione e commento, da un distico del poeta greco Mosco, che compiangeva la scomparsa del maestro Bione.
Le Rime nuove seguono i metri tradizionali della poesia italiana, contemplano tutta la varietà dei temi carducciani e sono spesso ispirate dalle impressioni suscitate dalla lettura dei classici della letteratura o dalla rievocazione nostalgica di eventi storici del passato o di momenti della propria giovinezza per stigmatizzare la mediocrità del presente. Non mancano, inoltre, le note paesaggistiche, soprattutto maremmane, e la tematica amorosa.
Il componimento Pianto antico, una delle più famose e intense di Carducci, fu composta nel 1871, in memoria del figlio Dante, morto l’anno precedente a soli tre anni. L’aggettivo “antico” del titolo rimanda ad un dolore che ha sempre colpito l’uomo, insieme all’interrogativo del perché si possa morire così giovani, cui la logica umana non può rispondere. Non c’è la Provvidenza a dare spiegazioni e senso alla morte e neanche il valore della poesia esternatrice che trovavamo in Manzoni o in Foscolo, solo il dolore intimo e inspiegabile di un laico.
Tutta la poesia si fonda su una forte opposizione vita-morte, attraverso l’antitesi, perfettamente simmetrica, tra immagini luminose e vitali, che popolano le prime due strofe (“verde melograno”; “bei vermigli fior”; “luce e calor”) e vogliono rappresentare, con note coloristiche, la grande vitalità della natura primaverile che rinasce dopo il lungo inverno, e immagini scure e desolate (“percossa e inaridita”; “de l’inutil vita / estremo unico fior”; “terra fredda”; “terra negra”), caratterizzanti le ultime due in cui predomina, al contrario, il tema dell’assenza di forza vitale e di amore. Carducci, dunque, tenta senza riuscirci di scacciare l’immagine ossessiva della morte ricorrendo a immagini primaverili e vitali: già al verso 5, infatti, la presenza del “muto orto solingo” anticipa il clima della seconda parte del componimento; inoltre, anche la menzione del melograno può rimandare alla morte, in quanto, nella mitologia classica, era la pianta cara a Persefone, la dea degli Inferi.
La tematica di Pianto antico, apparentemente solo autobiografica, in realtà si apre verso una dimensione più generale che riguarda la contrapposizione tra la morte inevitabile del singolo uomo e il continuo ed eterno ripetersi del ciclo della natura: anche se è tornata la bella stagione e la natura si è risvegliata, il figlioletto non potrà più risvegliarsi. Anche la struttura del componimento è solo apparentemente semplice e piana; in realtà, è ricca di richiami interni e, procedendo nella lettura, il ritmo si fa sempre più spezzato e costellato di suoni aspri, mentre lo stile diventa sempre più lapidario, facendo assomigliare la poesia ad un canto popolare.
Figure Retoriche
- Allitterazioni della “R”:”albeRo”, “paRgoletta”, “veRde”, “melogRano”, “veRmigli”, “fioR”, “oRto”, “rinveRdì”, “oR”, “oRa”, “RistoRa”, “caloR”, “peRcossa”, “inaRidita”, “estRemo”, “fRedda”, “teRRa”, “negRa”, “allegRa”, “Risveglia”, “amoR”;
- Enjambements “tendevi / la pargoletta mano” (vv. 1-2); “pianta / percossa e inaridita” (vv. 9-10); “de l’inutil vita / estremo unico fior” (vv. 11-12);
- Anafore “tu… tu” (vv. 9, 11); “sei… sei” (vv. 13-14); “né… né” (vv. 15-16);
- Metafore “tu fior de la mia pianta / percossa e inaridita” (vv. 9-10); “tu de l’inutil vita / estremo unico fior” (vv. 11-12);
- Personificazione “muto orto solingo” (v. 5);
- Chiasmi “né il SOL più ti rallegra / né ti risveglia AMOR” (vv. 15-16);
- Antitesi “luce” (v. 8) vs “negra” (v. 14); “calor” (v. 8 ) vs “fredda” (v. 13);
- Anastrofi “de l’inutil vita / estremo unico fior” (vv. 11-12)