Letteratura italiana

Le Canzoni di Giacomo Leopardi

Le Canzoni di Leopardi fanno parte oggi della prima sezione poetica della raccolta Canti, la cui edizione definitiva viene pubblicata postuma nel 1845 e viene curata da Antonio Ranieri (1806-1888), amico intimo del poeta recanatese. Le precedenti edizioni testimoniano il processo evolutivo della poetica leopardiana e la tensione dell’autore verso una raccolta complessiva della propria produzione in versi, che riunisse tematicamente e stilisticamente quasi vent’anni di poesia.

La prima edizione delle Canzoni, dopo un breve opuscolo del 1820, è del 1824, quando a Bologna Leopardi dà alle stampe dieci canzoni giovanili di impostazione classicheggiante; nel 1826 escono invece (sempre a Bologna, presso la Stamperia delle Muse) i Versi, che riuniscono gli “idilli” del periodo 1818-1821. Il titolo attuale di Canti compare per la prima volta nel 1831, quando l’editore fiorentino Piatti pubblica in un unico volume (con alcune aggiunte e alcuni spostamenti nell’ordinamento dei testi nell’indice) le Canzoni e cinque “idilli”. Questa edizione costituisce la base per il volume del 1835 (Starita, Napoli), dove si inseriscono undici nuovi componimenti. L’edizione del 1845, curata da Ranieri con scarsa attenzione filologica, aggiunge infine Il tramonto della luna e La Ginestra. Le attuali edizioni sono frutto del lavoro di revisione critica condotto sugli autografi napoletani.

Temi, stile e poetica

Il periodo di composizione delle Canzoni è quello compreso tra il 1818 e il 1823. Come gli Idilli, le Canzoni sono legate al pessimismo storico, ma rispetto alla prima raccolta affrontano riflessioni storico-esistenziali, da cui emergono il patriottismo del poeta e l’esortazione all’impegno civile (soprattutto nei primi due testi, le canzoni “civili”, che si distaccano da quelle di vena più intima e personale). Sono poesie giovanilid’ispirazione classicista di tono alto e retorico, in cui i temi esistenziali, trattati in maniera più intimistica negli Idilli, assumono dimensione mitico-storica, con esempi provenienti dal passato e dalla tradizione letteraria. Sul piano metrico Leopardi modifica la struttura della canzone petrarchesca, radicata da secoli nella tradizione letteraria, inserendo versi non in rima, che permettono una varietà di ritmo maggiore. Questo sarà un lascito fondamentale della poesia leopardiana.

Dall’esaltazione del passato al pessimismo leopardiano

Nel 1818 Leopardi compone due canzoni civiliAll’Italia e Sopra il monumento di Dante; in questi due componimenti viene presentata la crisi politico-sociale italiana dell’epoca, contrapponendola alla grandezza del passato: viene espressa l’esigenza di incitare gli italiani a rinnovare i fasti della Roma imperiale, che Leopardi rimpiange nostalgicamente. Nelle due canzoni è evidente l’invito a seguire l’esempio degli antichi. Questo confronto tra la felicità del passato e la decadenza presente si sviluppa anche in altre canzoni, come Ad Angelo Mai, in cui al tema patriottico si aggiungono riflessioni filosofico-esistenziali, Nelle nozze della sorella Paolina e A un vincitore nel pallone. La Natura in queste odi appare come madre benigna che si prende cura degli esseri da lei generati, facendo sorgere piacevoli illusioni nell’uomo. Questo tema è presente anche in Alla primavera (1822) e in Inno ai patriarchi (1821).

A partire dal 1819 si affiancano alle canzoni civili anche componimenti in cui sono centrali un profondo pessimismo e il tema della vanità delle cose e della disillusione. In Bruto Minore (1821) viene presentato il suicidio di Bruto, uccisore di Cesare e sconfitto a Filippi nel 42 a.C.. Il suicidio rappresenta il crollo degli ideali repubblicani nella Roma dell’epoca e una protesta contro il “destino invitto e la ferrata necessità” (v. 31). In chiave contemporanea esso può essere visto come la decadenza della civiltà attuale rispetto a quella classica. La disillusione di Leopardi si incarna nella figura di Bruto e nella sua strenua, quanto fallimentare, lotta contro il fato. Il tema del suicidio è presente anche in un’altra canzone del 1822, L’ultimo canto di Saffo. Questo componimento appare fortemente autobiografico. Il profondo senso di esclusione dalla felicità e dalla bellezza della natura, a causa del suo aspetto fisico e di una forte delusione d’amore, porta la poetessa greca Saffo al suicidio. In Alla sua donna, canzone del 1823, si riaffaccia la tematica amorosa, venata sempre dalla coscienza dell’illusione e del destino di dolore che aspetta ogni uomo. 

L’evoluzione della Natura in madre matrigna

La Natura non è più una madre benevola, ma, nell’ottica di Leopardi, si sta già trasformando in Natura matrigna, tema presente nella produzione successiva di Leopardi, caratterizzata dal pessimismo cosmico, che si configurerà come una evoluzione sostanziale rispetto alla fase del pessimismo “storico”. Come nel Bruto, anche qui è presente il tema del destino incomprensibile e tragico, che non concede speranze. Fortemente autobiografico è il senso di esclusione dalla vita e dall’amore, che prova la poetessa, lo stesso che Leopardi sente sempre presente nell’arco della sua giovinezza. Per la prima volta egli sembra comprendere che l’infelicità non è propria di un singolo individuo, ma una condizione che accomuna tutto il genere umano.

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