Nei versi 78-86 c’è un primo esempio della figura retorica dell’ipotiposi, o abbozzo. Questi versi sono un omaggio esplicito all’ultima parte del Giorno di Parini, la Notte e presentano unadescrizione di uno scenario notturno in un cimitero di campagna. Il periodo inizia con il verbo “sentire”, rimandando a una sensazione di udito, utilizza poi una serie di infiniti con apocope(caduta della vocale finale) “raspar”, “uscir”, “svolazzar” e “accusar”, che risaltano foneticamente nel testo. Il passo presenta una ricca mescolanza di elementi visivi e uditivi, concentrati in otto versi.
Nei versi 202-212 viene usato un procedimento simile, con la descrizione della battaglia di Maratona dal punto di vista di un navigante che passa dall’Eubea, isola di fronte alla piana di Maratona dove i greci e i persiani combatterono. L‘uso dell’apocope è evidente in questo passo e riguarda non solo verbi, ma anche sostantivi. Forte è l‘uso di participi e del polisindeto, cioè la ripetizioni di congiunzioni che collegano e coordinano il periodo. In questo caso si nota un continuo saltare da uno stimolo sensoriale a un altro e un continuo alternarsi di suono e silenzio. Vengono, quindi, addensati dal poeta gli stimoli che servono a sollecitare l’immaginazione del lettore. Un’altra figura retorica importante e significativa del carme è l’apostrofe, cioè quando il poeta si rivolge direttamente a un uditore ideale e diverso da quello reale. Nei Sepolcri ci sono tre apostrofi a Ippolito Pindemonte con intensità crescente (vv. 15-22; 151-154; 213-214).