Il Neoclassicismo
Tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento nasce un movimento caratterizzato da un ideale “ritorno” al mondo della classicità greco-romana, il Neoclassicismo. Questo movimento nasce dalla reazione allo stile eccessivo del barocco e del rococò, individuando nell’imitazione delle opere classiche una misura di ordine e perfezione. Il Neoclassicismo, inoltre, si sviluppa negli stessi anni del primo Romanticismo, durante l’età napoleonica, dopo il fallimento della Rivoluzione francese e degli ideali illuministici. Importanti per la diffusione del Neoclassicismo sono le scoperte archeologiche di quegli anni, come quella di Pompei ed Ercolano (tra il 1738 e il 1748). In Italia sono Milano e Roma i centri culturali del Neoclassicismo, in cui operano artisti e letterati. A Roma i pontefici di fine Settecento, come Benedetto XIV e Clemente XIV, favoriscono campagne di scavo nella città e nelle altre zone del regno pontificio. E proprio a Roma opera lo storico dell’arte tedesco, Johann Joachim Winckelmann (1717-1768), teorizzatore dei principi ideali dell’arte neoclassica e studioso dell’arte greca e romana. Per Winckelmann in un’opera d’arte sono necessari “nobile semplicità” e “quieta grandezza”, come afferma nel suo saggio più importante, Gesichte der Kunst des Altertums (Storia dell’arte dell’antichità, 1764).
In Italia il Neoclassicismo raggiunge il suo apice alla fine del Settecento in ambito artistico con le opere scultoree di Antonio Canova, mentre in ambito letterario i nomi più importanti sono quelli di Vincenzo Monti (1754-1828) e Ippolito Pindemonte (1753-1828), figure emblematiche del periodo, entrambi traduttori di un poema omerico, Monti l’Iliade, mentre Pindemonte l’Odissea. Pindemonte, nei suoi componimenti poetici, come Poesie campestri, si ispira in particolare a Orazio e Virgilio (le Bucoliche in particolare), accogliendo la poetica del “giusto mezzo” del primo e i toni bucolici del secondo, mentre I cimiteri del 1806 avvicinano il poeta alla produzione notturna e sepolcrale (e preromantica) europea. Vincenzo Monti, poeta ufficiale del regime napoleonico nel 1805, si presenta come un autore eclettico e raffinato, pronto ad accogliere influssi dai diversi movimenti dell’epoca: al Neoclassicismo appartengono le odi Prosopepea di Pericle (1779) e Al signor di Montgolfier (1784), al Romanticismo i Pensieri d’amore del 1783; mentre le sue opere teatrali uniscono aspetti delle due poetiche, come l’Aristodemo del 1786. Opera incompiuta, ma significativa dell’autore è il poema in endecasillabi Prometeo (1797), in cui sono presenti suggestioni classiche unite a immagini del mondo contemporaneo. Con questo poema Monti inaugura la stagione poetica napoleonica, che raggiunge l’apice nel decennio 1804-1814, con il poema Il Bardo della Selva Nera, celebrazione della battaglia di Austerlitz. Continuatore e antagonista della poetica montiana è Ugo Foscolo (1778-1827) che nella sua opera coniuga con raffinata abilità istanze neoclassiche e romantiche.