Capitolo I:
Siamo nel 1628, durante il periodo della dominazione spagnola in Italia; Don Abbondio, un modesto prete di campagna del territorio di Lecco, viene fermato durante una passeggiata da due bravi al soldo di un signorotto locale, Don Rodrigo. I due lo minacciano con la celebre espressione: “questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai” per dissuaderlo dal celebrare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Don Abbondio, che è un uomo pavido, conferma la sua obbedienza e torna a casa in preda al terrore. Qui però non riesce a nascondere il turbamento alla sua curiosissima serva, Perpetua, e finisce per raccontarle l’accaduto, intimandole tuttavia il silenzio.
Capitolo II:
Don Abbondio decide di rimandare le nozze in modo da arrivare al periodo tra l’Avvento e l’Epifania in cui non si celebrano i matrimoni. Quando Renzo si reca da lui per definire gli ultimi dettagli della cerimonia, Don Abbondio riesce a posticiparlo di quindici giorni. Renzo, dopo aver parlato in confidenza con Perpetua, riesce a far confessare tutto al prete. Il protagonista corre quindi a casa di Lucia, dove racconta tutto alla promessa sposa e alla madre di lei, Agnese. Dalla disperazione di Lucia si intuisce che la ragazza è a conoscenza di ulteriori elementi.
Capitolo III:
Lucia racconta di essere stata avvicinata da Don Rodrigo e dal cugino Attilio e di aver capito di essere diventata oggetto di una scommessa tra i due. Preoccupata, la ragazza ne aveva parlato con Fra Cristoforo, un frate cappuccino che le aveva consigliato di affrettare le nozze per scongiurare ogni pericolo. Renzo va a Lecco dall’avvocato Azzeccagarbugli per risolvere la faccenda per vie legali: quest’ultimo prima lo scambia per un bravo ma poi, dopo aver sentito il nome di Don Rodrigo, intuisce la verità e lo caccia in malo modo. Nel frattempo arriva a casa di Lucia Fra Galdino, del convento di Pescarenico, che sta raccogliendo noci presso i fedeli: le due donne lo mandano a chiamare Fra Cristoforo.
Capitolo IV:
Viene raccontata la storia di Fra Cristoforo, il cui vero nome è Ludovico: cresciuto come un nobile (pur essendo di origine borghese), era stato coinvolto in un fatto di sangue generato da futili motivi che aveva visto la morte di un suo servo e l’uccisione per sua mano del nobile implicato nell’omicidio. Dopo il drammatico pentimento e la crisi di coscienza, Ludovico è diventato Fra Cristoforo, schierandosi spesso dalla parte dei deboli e degli oppressi.
Capitolo V:
Renzo cerca senza successo aiuto dai suoi amici per vendicarsi di Don Rodrigo. Fra Cristoforo si reca da Lucia e, udita la storia decide di andare da Don Rodrigo. Qui viene invitato a unirsi a tavola con Don Rodrigo (che spera di evitare di doverci parlare privatamente) Attilio, il dottor Azzeccagarbugli, e il podestà. Fra Cristoforo, risoluto, sopporta gli spiacevoli discorsi dei commensali. Il banchetto divetna il simbolo dell’ipocrisia e del potere violento della classe nobiliare del Seicento.
Capitolo VI:
Don Rodrigo riesce a far precipitare la discussione in rissa verbale accusando il frate di nutrire interesse per Lucia. Fra Cristoforo se ne va amareggiato senza aver concluso nulla, ma viene avvicinato da un vecchio servo di Don Rodrigo, che si offre di scoprire quali sono i piani del padrone e riferirglieli. Nel frattempo Agnese elabora un piano: Lucia e Renzo si dovranno presentare da Don Abbondio con due testimoni, gli amici di Renzo Tonio e Gervaso, e pronunciare ad alta voce i voti. A quel punto il matrimonio sarà valido, nonostante la volontà del parroco..
Capitolo VII:
Fra Cristoforo racconta quanto accaduto e Renzo va fuori di sé. Il giorno dopo Agnese manda un ragazzino, Menico, a chiedere notizie da Fra Cristoforo. Durante il giorno dei bravi travestiti da viandanti gironzolano intorno a casa di Lucia e uno riesce anche ad entrare all’interno. Don Rodrigo infatti ha comandato al Griso, il capo dei suoi bravi, di rapire Lucia. Renzo incontra all’osteria tre bravi ma questi, a parte osservarlo, non fanno nulla. Poi Renzo, Agnese, Lucia e i due amici si recano da don Abbondio.
Capitolo VIII:
I quattro si introducono in casa di don Abbondio (che viene ingannato dalla presenza di Tonio, che gli deve un debito) mentre Agnese tiene impegnata Perpetua. Renzo e Lucia entrano nella stanza per pronunciare la formula di giuramento, ma il curato, sconvolto dalla paura, interrompe la giovane con la forza e scappa in un’altra stanza, invocando aiuto. Il sagrestano allora suona le campane per far accorrere gente: la confusione che si genera fa fuggire anche i bravi che nel frattempo si sono introdotti in casa di Lucia per rapirla. Menico riferisce che Fra Cristoforo li ha richiamati al convento; qui il frate spiega ai giovani e ad Agnese il piano per la fuga dal paese: si tratta della celebre scena dell’addio ai monti.
Capitolo IX:
Giunti a Monza da Pescarenico, Renzo si dirige verso Milano mentre Agnese e Lucia chiedono ospitalità a Monza, presso il monastero della potente monaca Gertrude. Il narratore si sofferma sulla storia di Gertrude: figlia di un nobile, la giovane è stata costretta a farsi monaca per salvaguardare il patrimonio del padre. Dopo essersi rifiutata di prendere il velo, Gertrude è stata vittima di una persecuzione psicologica e morale tra le mura di casa, che l’ha infine spinta ad accettare i voti.
Capitolo X:
Continua la storia di Gertrude: una volta diventata monaca suo malgrado, la donna fatica a sopportare la nuova condizione ed è dilaniata tra diversi stati d’animo e sentimenti. Sfoga l’odio che prova sulle converse e si innamora di un signorotto perverso e senza scrupoli, Egidio. Scoperta e minacciata da una conversa, Gertrude la uccide e ne seppellisce il corpo nel cortile affinché non venga mai trovato.
Capitolo XI:
Don Rodrigo riesce a scoprire dove sono Renzo e Lucia mandando i suoi bravi a informarsi tra i popolani. Attilio promette di occuparsi di Fra Cristoforo con l’aiuto del conte zio, potente milanese, mentre il Griso viene mandato a Monza sulle tracce di Lucia. Renzo intanto arriva a Milano, dove è il corso la rivolta del pane (il “tumulto di San Martino”) e la popolazione assalta i forni per avere da mangiare. Arrivato al convento, Renzo scopre che padre Bonaventura, da cui doveva recarsi, non è lì e quindi si accoda ai tumulti.
Capitolo XII:
Manzoni si sofferma sulle cause storiche della rivolta, tra cui si possono elencare la perdurante carestia, l’impreparazione della classe politica, gli sprechi e l’eccessiva pressione fiscale. Il cancelliere Antonio Ferrer decide prima di calmierare il prezzo del pane, ma poi è costretto a riportarlo al prezzo di mercato, facendo scoppiare la sommossa. Renzo segue i moti ma in cuor suo critica le azioni del popolo.
Capitolo XIII:
Viene descritto l’assalto alla casa del vicario di provvigione, in cui in mezzo alla folla si distinguono le voci dei più violenti e fanatici, che vorrebbero giustiziare coloro che ritengono il responsabile della carestia. Renzo si ribella a questi propositi assassini, ma rischia di venire ammazzato dalla folla. L’arrivo di Ferrer, che promette pane alla folla, seda la rivolta e permette il salvataggio del vicario.
Capitolo XIV:
Renzo fa un’arringa pubblica contro i soprusi dei potenti, passando per un pericoloso sobillatore delle folle. Si avvicina a lui informatore della polizia in incognito, che vuole condurlo in carcere. Fermatosi con quest’ultimo all’Osteria della Luna piena e non sapendo chi ha davanti, Renzo si lascia andare in preda all’ubriachezza a discorsi contro i potenti che abusano della loro posizione. Con un tranello, l’informatore riesce a farsi dare da Renzo le sue generalità; il giovane, del tutto ubriaco, è preso in giro da tutti.
Capitolo XV:
Renzo, ubriaco fradicio, resta a dormire negli alloggi dell’oste che, nel frattempo, insospettito dal suo comportamento ed intimorito dalla presenza dell’informatore, va a denunciare il protagonista al palazzo di giustizia, dove è già giunta notizia del comizio di Renzo all folla. il giorno successivo due poliziotti lo vanno ad arrestare. Durante il tragitto per strada, però, Renzo riesce ad attirare la folla in tumulto e i poliziotti, sentendosi minacciati, lo liberano.
Capitolo XVI:
Renzo scappa da Milano per raggiungere il cugino Bortoloa Bergamo. Sceglie le strade più tortuose per paura di essere inseguito: quindi, passa prima da Gorgonzola dove si ferma presso un osteria. Qui, ascoltando le conversazioni dei commensali, scopre di essere stato scambiato per uno dei capi della rivolta e decide di raggiungere il più velocemente possibile l’Adda, che segna il confine tra il Ducato di Milano e i territori di Bergamo.
Capitolo XVII:
Renzo vaga per il bosco di notte, spaventato dall’oscurità e dai rumori, e si rifugia in una capanna deserta fino alla mattina dopo quando attraversa l’Adda grazie al passaggio di un barcaiolo. Giunto infine nel bergamasco, arriva così al paese del cugino Bartolo che lo fa assumere come lavorante in un filatoio.
Capitolo XVIII:
Attilio si reca a Milano dal conte zio, il quale, grazie ai suoi con la dirigenza dei cappuccini riesce a far mandare Fra Cristoforo a Rimini, allontanandolo da Lucia e Agnese. Nel frattempo viene diramata a Lecco l’ordinanza di arresto per Renzo, ritenuto il capo della rivolta a Milano.
Capitolo XIX:
Si racconta l’incontro tra il conte zio e il padre provinciale dei cappuccini: i due, politici esperti, si sfidano a colpi di diplomazia, mettendo sul tavolo il prestiio delle rispettive casati e dei propri ordini. Il padre provinciale acconsente infine a trasferire Fra Cristoforo. Don Rodrigo, venendo a sapere dal Griso che Lucia è protetta dalla potente monaca di Monza, ma anche che è ormai sola poichéAgnese è tornata a Lecco, decide di chiedere aiuto all’Innominato, un uomo potente e malvagio, per commissionargli il rapimento della sua preda. Don Rodrigo e il Griso partono così per il castello dell’Innominato.
Capitolo XX:
Don Rodrigo, a colloquio con l’Innominato, gli spiega la faccenda e questi accetta di aiutarlo, sicuro dell’appoggio di Egidio, l’amante di Gertrude. Una volta partito Don Rodrigo, l’Innominato vacilla, ormai schiacciato dal peso degli anni e delle crudeltà commesse e immaginandosi la punizione di Dio. Egidio convince però Gertrude, ancora succube di lui, ad assecondarlo nel piano: la monaca fa uscire Lucia dal convento con la scusa di una finta ambasciata e la giovane viene rapita dal Nibbio, capo dei bravi dell’Innominato. Una volta giunta al castello l’Innominato, colto da pietà, manda una vecchia serva a farle compagnia.
Capitolo XXI:
Il Nibbio riferisce all’Innominato che le parole di Lucia che implorava pietà lo hanno turbato; l’Innominato, in preda a sentimenti sempre più contrastanti si convince ad andare a parlare con la giovane. Lucia lo prega di liberarla in nome di Dio e, vedendolo vacillare, insiste a parlargli della grazia divina, che può toccare tutti i cuori umani. Finito il colloquio, Lucia passa una notte di tormenti, decidendo di fare voto di castità se Dio le concederà di essere liberata. Anche l’Innominato trascorre una notte insonne, dopo la quale si convince potere della misericordia divina e decide di liberare la giovane. Quando è ormai arrivata l’alba l’Innominato, si affaccia alla finestra e vede una folla di pellegrini, accompagnata dal suono delle campane a festa.
Capitolo XXII:
La processione è dovuta alla visita parrocchiale del Cardinale Federigo Borromeo. L’Innominato, che sente la necessità di confessare la propria inquietudine interiore, decide di andare a colloquio col Cardinale. Egli esce dal castello e si mischia al popolo senza scorta e, prima di uscire, comanda alla serva di informare Lucia che è libera.
Capitolo XXIII:
Si assiste alla conversione dell’Innominato, che abbandona ogni orgoglio dinanzi alla bontà d’animo del Cardinale Borromeo. L’Innominato confessa al Cardinale il rapimento di Lucia, e il Borromeo decide di intervenire, convocando Don Abbondio al proprio cospetto. Il curato anche questa volta tergiversa e cerca di sfuggire alle sue responsabilità, e manda a chiamare Agnese. Quindi la comitiva si dirige al castello dell’Innominato.
Capitolo XXIV:
Lucia accorda il perdono all’Innominato e viene liberata. Una volta in paese può ricongiungersi con la madre Agnese, a cui racconta tutto fuorché il voto di castità. Le due donne vengono ospitate da un sarto e riferiscono poi al Cardinale Borromeo la loro storia e i loro tormenti; il Cardinale promette di occuparsi anche della situazione di Renzo. Nel frattempo l’Innominato convoca i suoi bravi, rende nota a tutti la sua conversione e li informa che coloro che vogliono restare con lui devono cambiare vita e abbandonare le azioni empie. Dà ai bravi una notte per decidere e si ritira a pregare.
Capitolo XXV:
La voce della vicenda dell’Innominato giunge anche al paese di Renzo e Lucia, dove finalmente Don Rodrigo e Azzeccagarbugli vengono sbugiardati. Don Rodrigo, saputo della liberazione di Lucia, parte per Milano. Il Cardinale Borromeo, messo a parte da Lucia del rifiuto di Don Abbondio a celebrare il matrimonio lo rimprovera duramente. Nel frattempo, sempre a casa del sarto, Lucia conosce due nobili milanesi, Don Ferrante e Donna Prassede che, convinti che la giovane oltre ad aver bisogno d’aiuto si sia messa sulla cattiva strada, le offrono protezione. Lucia accetta.
Capitolo XXVI:
Don Abbondio dinnanzi alle parole del Cardinale capisce che avrebbe dovuto celebrare il matrimonio e si pente del proprio egoismo. Il giorno dopo Agnese si reca alla villa di donna Prassede, dove è ospitata Lucia, per darle una dote ricevuta dall’Innominato. Lucia comunica alla madre di aver fatto un voto di castità e la prega di farlo sapere a Renzo. Del giovane però non si riescono ad avere notizie certe; infatti Bortolo, per salvare il cugino, ricercato anche dal governatore di Milano Don Gonzalo, lo ha mandato a lavorare nella filanda di un altro paese sotto lo pseudonimo di Antonio Rivolta.
Capitolo XXVII:
Vengono descritte le guerre di successione per il ducato di Mantova e del Monferrato. Vi è un difficoltoso scambio di lettere fra Agnese e Renzo: il giovane, pur venendo informato del voto di castità dell’amata, decide di non rinunciare a Lucia. Da parte sua Lucia cerca di dimenticare Renzo, ma le continue calunnie di Donna Prassede che è convinta che l’uomo sia un delinquente fanno sì che la giovane lo difenda e ne ricordi le virtù. Viene qui descritta la biblioteca di Don Ferrante.
Capitolo XXVIII:
Passa un anno, siamo nell’autunno del 1629, Milano è caduta in preda della carestia, che porta, anche a causa delle dure e insalubri condizioni di vita, un alto tasso di mortalità. Con la stagione del raccolto la situazione migliora, ma subito scoppia la guerra per il ducato di Mantova e Monferrato. La guerra porta i Lanzichenecchi e i Lanzichenecchi portano la peste, che imperversa tra la popolazione..
Capitolo XXIX:
Temendo il passaggio dei Lanzichenecchi, Agnese, Don Abbondio e Perpetua cercano rifugio presso il castello dell’Innominato. Una volta arrivati scoprono che l’Innominato ha aperto le sue porte a tutti gli esuli ed è pronto a difenderli.
Capitolo XXX: Il passaggio dei Lanzichenecchi per fortuna non tocca la fortezza dell’Innominato, che regala ad Agnese un’altra somma di denaro e un corredo di biancheria. Una volta tornati a casa Agnese, Don Abbondio e Perpetua, scoprono che il paese è stato devastato e che molti loro averi sono stati rubati.
Capitolo XXXI:
La cattiva gestione della città da parte di Ambrogio Spinola, impegnato nella guerra, fa sì che Milano sia isolata troppo tardi e il contagio si propaghi rapidamente anche all’interno delle mura. La popolazione non vuole arrendersi all’evidenza dell’epidemia e così si crea la leggenda degli untori, su cui riversare la colpa e la paura della pestilenza.
Capitolo XXXII:
La peste si propaga in tutta la città e la popolazione di Milano finisce per ridursi di due terzi; il lazzaretto è affollato di cadaveri, che vengono seppelliti in gigantesche fosse comuni.. La diceria degli untori diventa nel frattempo una certezza appoggiata anche dalle istituzioni, che non sono più in grado di controllare la situazione e di garantire l’ordine, e si assiste così a processi ed esecuzioni di innocenti accusati di aver portato la peste.
Capitolo XXXIII:
Attilio muore di peste e due giorni dopo anche a Don Rodrigo spunta un bubbone sotto l’ascella sinistra. Non volendo andare al Lazzeretto dice al Griso di convocare un medico ma questi, per impossessarsi dei suoi tesori lo tradisce. Mentre Don Rodrigo viene trascinato via, il Griso nelle sue ruberie tocca i suoi vestiti infetti e il giorno dopo muore anche lui. Anche Renzo e don Abbondio si ammalano, ma entrambi riescono a guarire. Il giovane, dopo essere tornato nel paese natale devastato dalla guerra e dalla pestilenza, si reca a Milano per convincere Lucia ad abbandonare il voto. Perpetua è mortae Agnese è da alcuni parenti in Valsassina, lontano dalla zona del contagio.
Capitolo XXXIV:
Renzo arriva a Milano dove lo accolgono scene di disperazione straziante, come quella della madre di Cecilia o quella di una donna bloccata in casa con i figli, cui il protagonista dona il proprio apne. Giunto da Donna Prassede, Renzo scopre che Lucia è al Lazzaretto. Scambiato erroneamente per un untore, Renzo è circondato dalla folla inferocita che vuole linciarlo. Scappa saltando su un carro carico di cadaveri e giunge quindi al Lazzaretto.
Capitolo XXXV:
Nel lazzaretto Renzo ritrova Fra Cristoforo, visibilmente malato ma impegnato a curare i moribondi. Il frate gli dice dove potrebbe trovare Lucia, ma lo mette in guardia rispetto a possibili brutte notizie. Renzo si infiamma e inveisce contro Don Rodrigo, ma Fra Cristoforo lo convince a perdonare lo sventurato, ormai in fin di vita e fuori di senno. I due si recano al suo capezzale e pregano per lui.
Capitolo XXXVI:
Renzo ritrova finalmente Lucia che, pur trovandosi ancora nella zona delle infette è ormai guarita. Lucia però non vuole mancare di rispetto al voto fatto alla Madonna, malgrado Renzo faccia di tutto per convincerla che non è valido. Siccome Lucia non cede dal suo proposito vanno a chiedere consiglio a Fra Cristoforo, che le spiega che, essendosi promessa in matrimonio a Renzo, non doveva fare un voto che riguardava anche lui senza rispettarne la volontà. Cristoforo aggiunge che, essendo egli un vicario di Cristo, ha la facoltà di sciogliere il voto della giovane. Renzo lascia il Lazzaretto per andare a cercare Agnese.
Capitolo XXXVII:
Mentre un temporale provvidenziale spegne l’epidemia, Renzo raggiunge Agnese nel paese di Pasturo ed insieme decidono di vivere nel bergamasco. Il protagonista si reca così al paese del cugino Bartolo a comprare una casa. Torna poi al suo paese ad aspettare Lucia con Agnese. Lucia passa il periodo di quarantena a casa di una mercantessa conosciuta al Lazzaretto. Scopre che la monaca di Monza a causa dei suoi disfatti è stata fatta trasferire a Milano e vive una vita di privazioni. Si viene a sapere che Fra Cristoforo è morto, così comeDonna Prassede e Don Ferrante, strenuo difensore dell’inesistenza della peste.
Capitolo XXXVIII:
Lucia torna al paese ma Don Abbondio di nuovo accampa scuse per non sposare i due giovani. Una volta scoperto che Don Rodrigo è morto e che la sua casa è occupata da un marchesesuo parente, Don Abbondio accetta di celebrare le nozze. Il marchese, per rimediare al torto del parente decide di comprare le case di Renzo e Agnese e di far annullare il mandato di cattura ancora pendente su Renzo. I tre si trasferiscono al paese di Bortolo, ma diventano delle malelingue del paese sul conto di Lucia. Allora Renzo, in società con Bortolo, acquista comprano un filatoio nei pressi di Bergamo, dove lui e Lucia potranno mettere al mondo la prima figlia, Maria. Chiude la vicenda il “sugo di tutta la storia”, ovvero la necessità della fiducia nella Provvidenza di Dio.