L’anno 1821 fu pregno di eventi significativi per la storia italiana ed europea: il 5 maggio moriva sull’Isola di Sant’Elena l’esiliato Napoleone Bonaparte, notizia che però giunse in Europa soltanto nel mese di luglio. Manzoni aveva letto della scomparsa dell’ex imperatore dei francesi, infatti, su di un articolo della Gazzetta di Milano del 17 luglio 1821, e ne rimase profondamente turbato: il nobile meneghino era affascinato dal titanismo, dal carisma e dal genio militare di Napoleone, e immediatamente si accinse a stendere un’ode che ne ripercorresse la vita. Fu così che, tra il 18 e il 20 luglio, Manzoni compose Il cinque maggio, in cui la grandezza di Napoleone non risiede nelle sue imprese terrene, quanto nell’aver compreso, attraverso le sofferenze dell’esilio, la vanità delle glorie passate e l’importanza assoluta della Salvezza.
Metro: Strofe geminate di settenari, rimati secondo lo schema abcbde fghgie. I versi dispari sono sdruccioli, quelli pari sono piani, l’ultimo è tronco.
- Ei 1 fu. Siccome immobile,
- dato il mortal sospiro,
- stette la spoglia immemore 2
- orba di tanto spiro,
- così percossa, attonita
- la terra 3al nunzio sta,
- muta pensando all’ultima
- ora dell’uom fatale;
- né sa quando una simile
- orma di piè mortale
- la sua cruenta polvere 4
- a calpestar verrà.
- Lui folgorante in solio 5
- vide il mio genio 6 e tacque;
- quando, con vece assidua,
- cadde, risorse e giacque 7,
- di mille voci al sonito
- mista la sua non ha:
- vergin 8 di servo encomio
- e di codardo oltraggio,
- sorge or commosso al subito
- sparir di tanto raggio:
- e scioglie all’urna 9 un cantico 10
- che forse non morrà.
- Dall’Alpi alle Piramidi,
- dal Manzanarre al Reno 11,
- di quel securo 12 il fulmine
- tenea dietro al baleno;
- scoppiò da Scilla 13 al Tanai 14,
- dall’uno all’altro mar 15.
- Fu vera gloria? Ai posteri
- l’ardua sentenza 16: nui
- chiniam la fronte al Massimo
- Fattor 17, che volle in lui
- del creator suo spirito
- più vasta orma stampar.
- La procellosa e trepida 18
- gioia d’un gran disegno,
- l’ansia d’un cor che indocile
- serve 19, pensando al regno;
- e il giunge, e tiene un premio
- ch’era follia 20 sperar;
- tutto ei provò 21: la gloria
- maggior dopo il periglio,
- la fuga 22 e la vittoria,
- la reggia e il tristo esiglio 23:
- due volte nella polvere,
- due volte sull’altar.
- Ei si nomò 24: due secoli,
- l’un contro l’altro armato 25,
- sommessi a lui si volsero,
- come aspettando il fato;
- ei fe’ silenzio, ed arbitro
- s’assise in mezzo a lor.
- E sparve, e i dì nell’ozio
- chiuse in sì breve sponda 26,
- segno d’immensa invidia
- e di pietà profonda,
- d’inestinguibil odio
- e d’indomato amor 27.
- Come sul capo al naufrago
- l’onda s’avvolve e pesa,
- l’onda su cui del misero,
- alta pur dianzi e tesa,
- scorrea la vista a scernere
- prode remote invan 28;
- tal su quell’alma il cumulo
- delle memorie scese!
- Oh quante volte ai posteri
- narrar se stesso imprese,
- e sull’eterne 29 pagine
- cadde la stanca man!
- Oh quante volte, al tacito
- morir d’un giorno inerte,
- chinati i rai fulminei,
- le braccia al sen conserte,
- stette 30, e dei dì che furono
- l’assalse il sovvenir!
- E ripensò le mobili
- tende 31, e i percossi valli,
- e il lampo de’ manipoli,
- e l’onda dei cavalli,
- e il concitato imperio,
- e il celere ubbidir 32.
- Ahi! forse a tanto strazio
- cadde lo spirto anelo,
- e disperò: ma valida
- venne una man dal cielo,
- e in più spirabil 33 aere
- pietosa il trasportò 34;
- e l’avviò, pei floridi
- sentier della speranza,
- ai campi eterni, al premio
- che i desideri avanza,
- dov’è silenzio e tenebre
- la gloria che passò.
- Bella Immortal 35! benefica
- fede ai trionfi avvezza!
- scrivi ancor questo, allegrati;
- ché più superba altezza
- al disonor del Golgota
- giammai non si chinò 36.
- Tu dalle stanche ceneri
- sperdi ogni ria 37 parola:
- il Dio che atterra e suscita,
- che affanna e che consola,
- sulla deserta coltrice
- accanto a lui posò 38.
Note
1. Ei: Per riferirsi a Napoleone Bonaparte (1769-1821), Manzoni sceglie volutamente un pronome personale di gusto solenne e letterario: da un lato, l’evento della morte del generale ed imperatore è così importante da non rendere neanche necessario specificare chi sia il soggetto, e dall’altro questa scelta stilistica permette di conferire al Cinque maggio un incipit severo ed ineluttabile.
2 immemore: in questo termine si può vedere un’anticipazione di ciò che verrà detto dopo (dal v. 67 in poi, dove Manzoni appunto svilupperà il tema della memoria delle imprese napoleoniche e della solitudine del grande condottiero costretto all’esilio a Sant’Elena).
3 terra: sineddoche (figura retorica che sostituisce un termine con un altro collegato al primo da un legame di quantità, come il contenente per il contenuto) con cui si allude all’intera umanità, esterefatta e basita per la morte di Napoleone.
4 cruenta polvere: il suo percorso, la sua vita legata alle battaglie e allo spargimento di sangue.
5 solio: latinismo per indicare il soglio imperiale, cui Napoleone arrivò con l’incoronazione del 2 dicembre 1804.
6 il mio genio: la mia poesia; è il soggetto della frase da cui dipendono i verbi “vide” e “tacque”. Genio è metonimia per poesia, ed è ripreso (con gusto neoclassico tipico del tempo) dal significato latino di ingenium (“talento, disposizione naturale, qualità”).
7 Con questi due versi il Manzoni vuole fare riferimento alla sconfitta di Lipsia del 1813, che causò la prima caduta dell’imperatore, alla successiva ripresa del potere nel cosiddetto periodo dei “Cento giorni” (20 marzo-8 luglio 1815) ed alla definitiva sconfitta di Waterloo il 18 giugno 1815.
8 Il soggetto di questa strofa è sempre “il mio genio” (v. 14), cioè la poesia di Manzoni.
9 urna: la tomba, con uso di un termine neoclassico (che ad esempio compare anche nel carme I sepolcri di Ugo Foscolo, vv. 1-3: “All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne | confortate di pianto è forse il sonno | della morte men duro?”).
10 cantico: già dalla scelta del termine traspare la linea di lettura dell’autore sulle vicende napoleniche: un senso alla sua mirabolante vicenda terrena, conclusasi nell’esilio e nella sconfitta, può essere dato solo dalla prospettiva trascendente della fede.
11 dal Manzanarre al Reno: sono due fiumi; il primo scorre vicino a Madrid, con riferimento quindi all’occupazione napoleonica della Spagna, il secondo scorre in Germania, dove Napoleone colse straordinari successi (si pensi alle battaglie di Ulm, nell’ottobre del 1805, e Jena, nell’ottobre dell’anno successivo).
12 securo: l’anticipazione mette in risalto il termine, che qui è legato ad una metafora che spiega come, nel trionfo di Napoleone, l’ideazione e la messa in atto dei piani di dominio si susseguissero immediatamente come il fulmine segue il tuono. Manzoni sottoliena così la genialità strategica e militare del generale francese.
13 Scilla: località vicino a Reggio Calabria, nei pressi dello stretto di Messina; sta ad indicare la grande espansione dell’impero napoleonico.
14 Tanai: è il Don, uno dei principali fiumi europei: scorre in Russia e sfocia nel Mar Nero.
15 dall’uno all’altro mar: anche questa espressione sta ad indicare l’estensione del potere regale di Napoleone.
16 I due versi del Cinque maggio, divenuti proverbiali, segnano il passaggio dalla rievocazione rapida delle imprese di Napoleone in terra all’interrogazione dubbiosa, da parte del poeta, sul senso e il significato, in una prospettiva universale, di eventi che hanno cambiato il mondo.
17 Massimo Fattor: l’introduzione del “Massimo Fattor” (cioè, di Dio) nel ragionamento di Manzoni indica che per il poeta il giudizio conclusivo sulla “vera gloria” (v. 31) di Napoleone Bonaparte non può affatto essere scollegato dal senso che questi eventi hanno all’interno del disegno provvidenziale di Dio, che attraverso di lui ha lasciato “più vasta orma” (v. 36) del suo operato.
18 Questa strofa è retta dalla proposizione “Tutto ei provò” (v. 43), che si trova all’inizio della strofa successiva.
19 l’ansia d’un cor che indocile | serve: cioè, l’animo combattivo di Napoleone si sottomette a fatica alle imposizioni della sorte o della volontà altrui, perché tende risolutamente a realizzare il proprio disegno.
20 follia: l’ascesa di Napoleone al potere imperiale doveva essere un disegno “folle” per le mille difficoltà della grandiosa impresa politico-militare, e suscitare passioni contrastanti (appunto “la procellosa e trepida gioia”, vv. 37-38).
21 Tutto ei provò: la rassegna degli eventi positivi o negativi del regno di Napoleone caratterizzano la strofe, costruita su fitte antitesi e parallelismi.
22 fuga: qui il riferimento è alla sconfitta della campagna di Russia del 1812 e alle successive di Lipsia(1813) e Waterloo (1815).
23 esiglio: il periodo in cui Napoleone fu esiliato prima sull’isola d’Elba (1814) e poi a Sant’Elena (1815). Il tema della successione di glorie e sconfitte per i potenti torna anche nell’Adelchi.
24 Ei si nomò: Napoleone si impose da sé un nome (oltre che il titolo di imperatore, incoronandosi da solo) e fu artefice del proprio destino. Convivono così nel personaggio la grandezza degli obiettivi imposti e raggiunti e la superbia di fronte a Dio per questi stessi risultati.
25 due secoli | l’un contro l’altro armato: il secolo XVIII e XIX cui Manzoni si riferisce sono contrapposti in quanto, schematicamente, il Settecento è il secolo della Rivoluzione francese e trionfo degli ideali illuministici mentre la prima parte dell’Ottocento si caratterizza per la “restaurazione” del potere aristocratico-nobiliare.
26 e i dì nell’ozio | chiuse in sì breve sponda: i giorni d’esilio di Napoleone potevano essere destinati solamente all’ozio forzato, in quanto recluso nella sperduta isola di Sant’Elena, in mezzo all’Oceano Atlantico.
27 Questi quattro versi enfatizzano e mettono in risalto una forte dicotomia tra due poli oppositivi espressi: “invidia – pietà | odio-amore”. Queste strutture sono presentate con struttura chiastica ai vv. 57-58 ed invece con un parallelismo ai due versi successivi (vv. 59-60).
28 invan: in questa strofa il termine “invan” può essere inteso in due modi differenti. La prima interpretazione può essere che il naufrago non riesce nemmeno a scorgere l’approdo; la seconda invece intende che lo strazio del naufrago aumenta quando egli, pur vedendo il porto (e la salvezza) capisce di non poterlo raggiungere.
29 eterne: imprese che non si potranno da dimenticare, ma anche imprese lunghissime a scriversi. Durante l’ultimo esilio, Emmanuel de las Cases raccolse effettivamente memorie ed opinioni di Napoleone nel Memoriale di Sant’Elena, che cominciò a circolare dopo la morte del generale.
30 stette: con questo verbo si vuole mettere in contrapposizione la velocità e la rapidità dei ricordi di Napoleone e la sua staticità fisica, quando riflette sul “sovvenir”, cioè il ricordo delle glorie e del potere.
31 mobili tende: gli accampamenti spostati in fretta da un campo di battaglia all’altro.
32 Questa strofa presenta una serie di azioni, tipiche di uno scontro di battaglia, elencate e rese incalzanti dalla congiunzione coordinativa “e”, posta sempre ad inizio del verso, e dal ritmo binariodella strofe.
33 spirabil: “respirabile, vitale”; è un latinismo.
34 La strofa esplicita la prospettiva di fede attraverso cui è riletta la vita di Napoleone: il tormento del potere viene alleviato e purificato dalla provvidenziale “man del cielo” che trasporta il generale in cielo.
35 Bella Immortal!: è una personificazione della Fede.
36 Chè più superba altezza | al disonor del Golgota | Giammai non si chinò: costruzione: “Ché giammai una più superba altezza non si chinò al disonore del Golgota” ovvero, “perchè mai nessun uomo così superbo e grande al pari di Napoleone si inchinò davanti alla croce di Cristo”. L’interpretazione della figura di Napoleone è allora quello di un grande uomo della Storia che però ha saputo, negli ultimi frangenti dolorosi della sua vita terrena, chinare il capo al “disonor del Golgota”, cioè alla croce simbolo di Cristo e della Fede, rinunciando al proprio superbo orgoglio.
37 ria: empia, con riferimento alle azioni commesse in vita da Napoleone ed alle passioni violente che suscitarono le sue imprese.
38 La morte solitaria di Napoleone, sorretto solo dalla provvidenziale presenza di Dio, deve allontanare da lui e dalla sua figura ogni giudizio malevolo od ipocrita, poiché egli ha saputo intuire che la vera grandezza è quella dei cieli, e non quella del mondo terreno.
Parafrasi
- Egli fu. Come immobile,
- dopo aver esalato l’ultimo respiro,
- stette il corpo senza più ricordi
- e privata di tanta anima,
- così chiunque, saputa la notizia,
- rimane scosso, senza parole,
- [chiunque resta] muto ripensando all’ultima
- ora dell’uomo mandato dal fato;
- né sa quando un uomo
- simile a lui
- verrà a calpestare
- il suo cammino sanguinoso.
- La mia poesia vide Napoleone in trionfo
- sul soglio imperiale ma tacque;
- quando, in rapida successione,
- fu sconfitto, tornò al potere e ricadde a terra,
- [la mia poesia] tra mille voci indistinte
- non ha mischiato la sua:
- priva di adulazione servile
- e di offese codarde,
- [la mia ode] sorge ora triste per l’improvvisa
- mancanza di tanta luce:
- ed alza in direzione della sua tomba
- un canto che forse non morirà.
- Dalle Alpi alle Piramidi
- dal Manzanarre al Reno,
- la vita fulminea di quell’uomo ardito
- seguiva rapidamente il suo pensiero;
- scoppiò [quel fulmine] da Scilla al Don,
- dal Mediterraneo all’Atlantico.
- Fu gloria autentica? La difficile risposta
- la daranno i posteri: noi
- chiniamo la fronte a Dio,
- che volle fissare in lui
- un segno più evidente e netto
- del suo spirito creatore.
- La pericolosa e ansiosa
- gioia della realizzazione di un grande disegno,
- l’ansia di un cuore che, non domato,
- si sottopone agli altri, pensando al proprio
- obiettivo; e lo raggiunge, e ottiene un successo
- che era quasi folle ritenere possibile;
- Tutto egli provò; la gloria
- massima dopo il pericolo,
- la fuga e la vittoria,
- il potere regale ed il triste esilio:
- due volte fu sconfitto,
- due volte fu vittorioso.
- Egli stesso si diede il nome: due secoli,
- opposti militarmente,
- si rivolsero a lui sottomessi,
- come se dipendesse da lui il destino;
- egli impose il silenzio, e come arbitro
- si sedette in mezzo a loro.
- E sparì, e i suoi giorni concluse
- nell’ozio obbligato nella minuscola Sant’Elena,
- segno di grande invidia
- e di profonda pietà,
- di odio infinito
- e di passione indomabile.
- Come sulla testa del naufrago
- l’onda si avvolge e pesa,
- l’onda sulla quale la vista del misero,
- prima alta e tesa,
- cercava di scorgere
- rive lontane che non avrebbe mai raggiunto;
- così su quell’anima scese
- il peso dei ricordi!
- Oh quante volte cercò di scrivere
- le sue memorie per i posteri,
- ma sulle infinite pagine
- si fermò la mano ormai stanca!
- Oh quante volte, al termine
- di un giorno inutile e improduttivo,
- abbassato lo sguardo fulminante,
- le braccia conserte,
- stette, e dei giorni passati
- lo prese il ricordo!
- E ripensò alle tende
- degli accampamenti, alle trincee assaltate,
- al fulminar delle spade dei suoi soldati,
- agli assalti della cavalleria,
- al comando rapido
- e all’ubbidire pronto dei soldati.
- Ahi! Forse per tanto dolore
- lo spirito affannato cedette,
- e si disperò: ma in aiuto
- scese una mano misericordiosa dal cielo,
- e in un mondo più sereno
- con pietà lo trasportò:
- e lo condusse, per i floridi
- sentieri della speranza,
- verso i campi eterni, verso il premio
- che supera anche i desideri,
- dove è silenzio e tenebra
- la gloria ormai passata.
- O bella Immortale! Benefica
- fede avvezza ai trionfi!
- Scrivi ancora questo, rallegrati;
- perché nessun uomo così superbo
- mai si inchinò
- davanti alla croce di Cristo.
- Tu [la Fede] dalle ceneri stanche
- disperdi ogni parola malevola:
- Il Dio che atterra e che rialza,
- che crea affanno e che consola,
- sul letto di morte deserto
- accanto a lui sedette.
Commento
Il Cinque Maggio viene composta da Alessandro Manzoni “di getto” (cosa eccezionale per lui) alla notizia della morte di Napoleone Bonaparte, il 5 maggio 1821. Quest’ode dà in Europa una rappresentazione e un’interpretazione definitiva del vissuto di Napoleone; basti pensare che fu subito tradotta da Goethe in tedesco. E’ significativo che la struttura metrica sia la stessa del coro dell’atto IV dell’Adelchi. Entrambi i testi, infatti, affrontano il tema dell’eroismo, demistificandolo: esso viene identificato come spargimento di sangue e perpetuazione di sofferenze. Anche il personaggio di Ermingarda nell‘Adelchi, che pure non parteciperà alle azioni politiche del suo popolo, in qualche modo rientra in quella logica che spiega la dinamica storica: o si è oppressi o si è oppressori.
Napoleone, al termine della sua vita, da oppressore diventa oppresso: un uomo vinto dal ricordo dalle grandi imprese, che ora gli appaiono come fallimenti. L’ode prende forma in un susseguirsi di antitesi tra stasi e movimento, tra luce e tenebra (a partire dall’incipit: “Ei fu”). Manzoni rievoca le gesta napoleoniche: “Dall’Alpi alle Piramidi, | dal Manzanarre al Reno, | di quel securo il fulmine | tenea dietro al baleno; | scoppiò da Scilla al Tanai, | dall’uno all’altro mar.” (vv. 25-30), per poi arrestarsi al v. 21 in una pausa di riflessione dalla rilevanza drammatica: “Fu vera gloria?”.
Il Cinque Maggio è concepito come una sorta di inno sacro; la vicenda storica di Napoleone comporta una profonda riflessione sul “noi”, diventando testimonianza di una norma universale che, a partire dal v. 55, rivela l’inganno dell’eroismo nella storia: “E sparve, e i dì nell’ozio | chiuse in sì breve sponda, | segno d’immensa invidia | e di pietà profonda, | d’inestinguibil odio | e d’indomato amor.” (vv. 55-60).