L’annientamento degli ebrei d’Europa durante la Seconda guerra mondiale fu un atto collettivo e caratterizzato da una precisa divisione dei ruoli, un atto che vide la partecipazione di numerose istituzioni e di migliaia di autori. La maggioranza delle istituzioni e gran parte degli autori coinvolti furono tedeschi. Fu il governo tedesco di allora a decidere di perpetrare questo sterminio di massa, a fissare il momento, la forma e il modo in cui organizzare ed eseguire il crimine. In ciò ricorse in primo luogo a istituzioni tedesche e a personale tedesco. Questo tema è già stato affrontato in ricerche relativamente esaustive. All’Olocausto parteciparono, tuttavia, anche molte istituzioni non tedesche, e perfino governi e migliaia di autori stranieri. Per decenni le ricerche a livello internazionale hanno trascurato il problema degli autori e dei collaboratori non tedeschi che parteciparono all’annientamento degli ebrei. Il primo a occuparsene approfonditamente fu Raul Hilberg, il padre degli studi storici sull’Olocausto, nel suo libro Perpetrators, Victims, Bystanders, pubblicato in America nel 1992. L’opera di Hilberg ha aperto la strada a una serie sempre più numerosa di contributi e lavori sull’argomento, incentrati sulla questione degli autori e dei complici dell’Olocausto provenienti dall’Europa orientale. La presente trattazione si basa proprio su queste recenti pubblicazioni, e si occuperà in primo luogo di coloro che furono coinvolti, come autori diretti, nello sterminio degli ebrei europei.
Dal punto di vista geografico, il fulcro di questa indagine è l’Europa centrorientale: proprio in queste regioni, prima del 1939, viveva la maggior parte degli ebrei del vecchio continente, con più di 3 milioni nella sola Polonia. E fu proprio in Polonia che la maggior parte delle vittime dell’Olocausto trovò la morte. Nell’ambito di questo discorso è importante tenere in considerazione che, durante la Seconda guerra mondiale, la popolazione dell’Est europeo (a differenza dell’Europa occidentale e meridionale) conobbe ben due regimi criminali: quello tedesco (dal 1941 al 1944-45) e quello sovietico (1939-41, e successivamente al 1944-45). È indiscusso ormai che il regime di terrore sovietico in quelle regioni influenzò l’atteggiamento degli abitanti nei confronti dei conquistatori tedeschi, che invadevano quei luoghi nell’estate 1941. L’ingresso delle truppe tedesche fu spesso salutato come una vera e propria liberazione dal giogo sovietico. L’esperienza traumatica del regime terroristico sovietico non coinvolse le altre regioni europee e, ancora oggi, questo fatto non viene debitamente considerato da molti degli autori occidentali. All’occupazione sovietica di queste regioni dell’Europa orientale, nell’autunno del 1939 e nell’estate 1941, seguì la loro brutale sovietizzazione. I nuovi dominatori applicarono nelle regioni occupate una strategia del terrore senza precedenti. Allo scopo di consolidare il loro proprio potere, essi strumentalizzarono le tensioni etniche e sociali preesistenti. Considerando la sua durata temporale relativamente breve, nelle terre annesse l’occupazione sovietica ebbe conseguenze devastanti: migliaia di persone furono deportate, imprigionate e assassinate. Le vittime furono polacchi, ucraini, lituani, lettoni, estoni, bielorussi e rumeni. La logica conseguenza di ciò fu la paura e l’odio nei confronti degli invasori sovietici e dei loro collaboratori.
Intanto, tuttavia, le vecchie tensioni si acuirono e affiorarono nuovi focolai di conflitto tra le singole componenti della popolazione e, in un simile contesto, la popolazione ebraica finì in una situazione estremamente precaria. Da una parte le loro élite vennero perseguitate, perché considerate anti-sovietiche. Molti ebrei, inoltre, tentarono, sia in modo attivo sia passivo, di opporre resistenza al processo di sovietizzazione. Dall’altra parte il sistema sovietico offriva nuove prospettive a molti ebrei. Il dominio sovietico forniva, soprattutto ai giovani, opportunità di ascesa sociale. Negli altri strati della popolazione questo fatto suscitava invidia e desiderio di vendetta. Ai tradizionali pregiudizi antisemiti si accompagnò l’immagine degli ebrei come presunti sfruttatori della sovietizzazione e complici degli invasori sovietici. Da parte tedesca si era a conoscenza del marcato umore antisovietico e antiebraico diffuso nelle regioni occupate e se ne tenne conto per la preparazione della guerra. Tra gli ordini che le Einsatzgruppen [unità operative mobili] ricevettero prima dell’attacco all’Unione Sovietica, vi fu quello di organizzare “senza lasciar traccia” [spurenlos ] con forze locali pogrom antiebraici come “azioni di autopulizia” [Selbstreinigungsaktionen ]. Il 29 giugno 1941 Heydrich ricordò a tutti i comandanti delle Einsatzgruppen gli ordini già impartiti prima dell’aggressione all’Unione Sovietica: Facendo riferimento alle istruzioni da me già impartite il 17.IV [1941] a Berlino, ricordo che: 1) le azioni di autopulizia portate avanti dai gruppi anticomunisti e antiebraici nelle terre da occupare non vanno ostacolate in alcun modo. Esse, al contrario, andranno, tuttavia in modo tale da non lasciare traccia, incitate e intensificate, e, se necessario, avviate nei giusti binari senza che i “gruppi di autodifesa” locali possano successivamente appellarsi a disposizioni o a garanzie politiche esistenti.