Le SS [Schutzstaffeln, Squadre di protezione] furono fondate nel 1923 nell’ambito delle SA [Sturmabteilungen, Squadre d’assalto] e nel 1925 furono riorganizzate dopo un’interruzione per fornire protezione agli oratori di partito dalla violenza che caratterizzava i comizi nazisti. Quando Heinrich Himmler fu nominato capo supremo delle SS nel 1929, l’organizzazione era composta da 280 uomini. Quando i nazisti salirono al potere, meno di quattro anni dopo, ne contava 50.000. Durante questi anni, mentre il partito acquisiva sempre maggior consenso e il numero degli iscritti si moltiplicava, si verificò un sorprendente sviluppo delle SS, dovuto soprattutto al talento di Himmler, assai abile nell’ottenere l’assegnazione dei più svariati compiti per la sua organizzazione. Una delle misure che favorirono questa crescita fu la creazione nel 1931 di un Servizio di sicurezza interno denominato Sicherheitsdienst, o SD, il cui compito era raccogliere informazioni sui nemici sia appartenenti al partito che esterni. Quando costituì l’SD, Himmler arruolò un giovane ufficiale da poco entrato a far parte delle SS, dopo essere stato espulso dalla Marina per condotta riprovevole. Si trattava dell’allora ventottenne Reinhard Heydrich.
Le SS erano un organo del partito e, almeno teoricamente, l’ascesa al potere dei nazisti non avrebbe dovuto modificare la situazione. I cittadini hanno infatti il dovere di prestare obbedienza allo stato e al suo governo, ma non a un partito politico, anche se questo si trova al potere. Mentre un governo può imporre la sua politica e costringere i cittadini a rispettare le leggi, un partito ha facoltà di prescrivere le proprie disposizioni solo a coloro che vi aderiscono volontariamente. Allo stesso modo, i quadri dirigenti del Partito nazista potevano usare il terrorismo politico per far valere le loro idee, ma se volevano agire in nome dello stato, dovevano ottenere una legittimazione ufficiale che andasse oltre quella del partito. Il primo marzo 1933 Himmler ricevette la carica, di livello relativamente basso, di capo della Polizia di Monaco e nominò Heydrich capo della Polizia politica locale.
Himmler e Heydrich consolidarono e ampliarono il loro potere per mezzo di una serie di intrighi. Per prima cosa istituirono delle unità di Polizia politica indipendenti dalla normale Polizia. Il 15 marzo 1933 Himmler fu nominato capo della Polizia politica della Baviera, una carica fino ad allora inesistente, che andò ad aggiungersi a quella di capo della Polizia di Monaco. Il ruolo di Heydrich consisteva nell’organizzare un corpo efficiente che contribuisse ad affermare gli interessi dei nazisti dall’interno della Polizia politica di Monaco. Parallelamente Göring creò in Prussia un ufficio centrale per un corpo di Polizia politica indipendente dalle normali forze dell’ordine: la Direzione della Polizia segreta di stato [Geheime Staatspolizeiamt ], o Gestapa (è importante notare che non si tratta della Gestapo). Questo organismo, sviluppato gradualmente fino al 16 aprile 1933, aveva sede al numero 6 della Prinz Albrechstrasse, nello stesso edificio che ospitava il quartier generale della Polizia di sicurezza. A capo dell’organizzazione fu posto Rudolf Diels, un funzionario del ministero degli Interni, già responsabile per la sorveglianza del Partito comunista ancora prima dell’avvento al potere dei nazisti.
In un secondo tempo, Himmler e Heydrich assunsero il controllo delle forze di Polizia politica in tutte le altre aree tedesche, fatta eccezione per la Prussia, sistemando i loro uomini in posizioni chiave in tutto il paese. Werner Best ricordava che Himmler era pronto ad assumere atteggiamenti di spudorata piaggeria verso i presidenti dei Länder pur di ottenere le nomine a cui aspirava; è molto probabile che in questa circostanza Hitler avesse espresso chiaramente il suo appoggio a Himmler. Il 20 aprile 1934 Göring lo nominò suo vice nella Polizia politica della Prussia. Da questo momento, per la prima volta nella storia della Germania, furono eliminate le barriere che impedivano l’azione coordinata di tutte le forze di Polizia politica del paese. Dal punto di vista giuridico gli organi di polizia dei singoli Länder erano indipendenti, ma in pratica Himmler ne era l’unico comandante.
La terza fase fu attuata solo nel 1936. Il 17 giugno di quell’anno Hitler firmò una disposizione con cui Himmler veniva nominato capo della Polizia tedesca nell’ambito del ministero degli Interni. Questa nomina era doppiamente significativa. In primo luogo, tutte le unità di Polizia della Germania formavano ora una forza centrale. In secondo luogo, fatto ancora più importante, la Polizia veniva unita alle SS. “In questo modo era cominciato un processo di iniziale diminuzione e poi graduale cancellazione del potere del governo sulla Polizia: si trattava della progressiva integrazione della Polizia nella sfera di dominio del capo supremo delle SS [Reichsführer-SS ]”. Tutte le forze di Polizia tedesche erano ora accorpate sotto un’unica autorità di comando. Il capo della Polizia nazionale era anche il comandante delle SS, che a sua volta era sotto il diretto controllo del Führer. In pratica, da questo momento la Polizia tedesca agiva secondo la volontà di Hitler, senza essere controllata da un apparato civile. In altri termini, se a partire dal 1933 le SS si erano sempre più avvicinate alla Polizia e ne avevano intaccato le prerogative, da questo momento in poi fu la Polizia ad avvicinarsi alle SS e ad assumerne sempre più le caratteristiche e i ruoli. Si trattava di una pietra miliare, dell’inizio di una nuova era.
Circa una settimana dopo il suo grande successo e la nomina a capo della Polizia tedesca, Himmler emise una direttiva di riorganizzazione strutturale con cui istituiva la Polizia d’ordine [Ordnungspolizei ], o Orpo, ponendone a capo Kurt Daluege, e la Polizia di sicurezza [Sicherheitspolizei ] o Sipo, che era suddivisa in due branche: la Polizia criminale [Kriminalpolizei ] o Kripo e la Polizia segreta di stato [Geheime Staatspolizei ] o Gestapo (Polizia politica). Heydrich era a capo della Polizia di sicurezza. È significativo che i due nuovi corpi, Orpo e Sipo, fossero denominati “uffici centrali” [Hauptämter ], termine che esisteva solo all’interno delle SS, ma non nel sistema di pubblica amministrazione. In questo modo Himmler rese del tutto evidente l’integrazione della Polizia all’interno delle SS e, allo stesso tempo, separò la Polizia politica (Gestapo) dal resto delle forze dell’ordine, unendola alla Polizia criminale. Avvicinò quindi la Polizia alle SS, ma allontanò da queste le unità più connotate ideologicamente, applicando così strategie contrapposte per raggiungere i suoi obiettivi.
Himmler, Kurt Daluege e Heydrich erano ora a capo della gerarchia della nuova Polizia nazionale e si trovavano inoltre ai vertici delle SS. Questa duplicazione dei ruoli lasciava largo spazio a manovre di copertura e a sotterfugi burocratici. Impartivano ordini e attuavano iniziative in virtù di cariche differenti, lasciando sempre indefinite le loro posizioni all’interno della gerarchia. Un esempio concreto è rappresentato dal caso di Himmler, che come capo della Polizia era subordinato al ministro degli Interni Wilhelm Frick, ma come capo delle SS era sotto l’autorità del solo Hitler. Questa indeterminatezza dei confini tra stato e partito non era evidente solo nella catena di comando ma anche nel modo di operare della Polizia. Un caso in cui emerge chiaramente è costituito dalla istituzione della “custodia protettiva” [Schutzhaft ]. Originariamente la custodia protettiva era finalizzata a proteggere il detenuto da pericoli che minacciassero la sua incolumità. Ma già al tempo della Prima guerra mondiale si affermò una concezione completamente diversa del termine – l’arresto doveva proteggere lo Stato da un eventuale crimine futuro nei suoi confronti. Per tentare di conciliare le esigenze di sicurezza dello Stato e i diritti dell’arrestato, si stabilì che la polizia aveva l’obbligo di ottenere l’approvazione giudiziaria e il detenuto aveva il diritto di ricorrere in appello. Anche in questo modo, tuttavia, il governo veniva a trovarsi in una posizione problematica e nel 1932 la polizia perse la facoltà di imporre questa forma di detenzione preventiva. Un impiego limitato del carcere cautelativo fu reintrodotto poco tempo dopo, durante gli ultimi turbinosi giorni della Repubblica di Weimar. La vera svolta, tuttavia, si verificò con la dichiarazione dello stato di emergenza che ebbe luogo il giorno dopo l’incendio del Reichstag . Sebbene la custodia protettiva non fosse menzionata nella proclamazione dello stato di emergenza, la sospensione del diritto fondamentale alla libertà personale significava in pratica che la Polizia poteva chiudere in carcere una persona per un periodo indeterminato senza alcuna verifica esterna delle ragioni dell’arresto. Tale libertà di azione non aveva precedenti in Germania e la Polizia di sicurezza ne avrebbe fatto ampio uso.
Già prima dell’avvento al potere del nazismo alcuni funzionari avevano considerato l’idea di riportare in vigore su ampia scala la detenzione preventiva. Ciò richiedeva ovviamente la costruzione di nuove strutture carcerarie. Prima che fosse stata presa una decisione definitiva, e naturalmente prima della sua attuazione, cambiò il governo. I nazisti si affrettarono a realizzare il programma. I primi lager vennero creati principalmente da unità delle SA, il cui operato era svincolato da responsabilità nei confronti delle autorità ufficiali al punto che in Prussia le forze di Polizia furono costrette a negoziare e a scendere a compromessi per ottenere il controllo dei campi. Himmler conseguì maggior successo in Baviera dove riuscì a istituire un sistema triplice nel quale egli stesso era a capo delle SS e della Polizia e Heydrich guidava la Polizia politica come organo di stato, mentre i campi di prigionia (Dachau, per primo) erano gestiti dalle SS (la controparte di Heydrich era Theodor Eicke, comandante di Dachau). In questo modo Himmler ripeté il modello introdotto da Hitler, che era solito suddividere i compiti tra organizzazioni rivali, rafforzando così la sua posizione di unico arbitro tra esse. Eicke non faceva parte della Polizia e non aveva il diritto di effettuare arresti o imporre la detenzione preventiva; d’altra parte Heydrich non aveva alcun luogo in cui sistemare i detenuti se non nei lager. Il solo Himmler controllava l’intero sistema in virtù della doppia carica di comandante delle SS e della Polizia. Questo modello che prevedeva la separazione tra Polizia e campi di concentramento fu conservato nelle sue caratteristiche generali fino al 1945.
Himmler non faceva mistero delle proprie intenzioni. In una raccolta di articoli redatti in occasione del sessantesimo compleanno del ministro dell’Interno Frick, nel marzo 1937, espresse quali fossero le sue aspettative riguardo alla Polizia del Terzo Reich. “I compiti della dirigenza [del Reich] consistono nella conservazione e sviluppo di tutte le forze della nazione. Il benessere della persona verrà messo da parte in favore di questi obiettivi, perché l’importanza dell’individuo e il significato della sua esistenza sono da ricercarsi all’interno del popolo, non nel singolo. La Polizia nazionalsocialista realizza la volontà della dirigenza per garantire la sicurezza del popolo e dello stato, non attraverso leggi specifiche, ma grazie alla realtà della leadership del regime nazionalsocialista e attraverso l’adempimento dei compiti assegnati [alla Polizia] dalla direzione. Per questo non sarà ostacolata da vincoli formali [legali], che finirebbero per limitare la stessa dirigenza statale”. In parole povere, la Polizia eseguirà gli ordini del leader senza limitazioni giuridiche e senza tener conto dei bisogni del singolo, poiché il vertice sa cosa è davvero necessario per il bene della nazione. Heydrich operò una simile distinzione tra una Polizia “difensiva” e una “offensiva”. Tradizionalmente, affermava Heydrich, la Polizia tutela l’ordine esistente, ma la Polizia nazionalsocialista doveva avere un ruolo offensivo e agire a sostegno della creazione di una società e di un regime nazionalsocialisti. Sapevano tutti esattamente quanto fosse diversa la loro Polizia da ogni forma di Polizia tradizionale.
Il 25 gennaio 1938 Frick emise una direttiva che autorizzava la Gestapo ad applicare la custodia protettiva ad ogni individuo che rappresentasse un pericolo per il popolo, lo stato o la sicurezza. Questa direttiva, rimasta in vigore fino al crollo del Terzo Reich, vietava inoltre l’uso della carcerazione cautelare come misura punitiva, ma questo probabilmente faceva sorridere Himmler e Heydrich: quando si poteva arrestare qualcuno affermando che era pericoloso, che bisogno v’era di disporre di misure punitive? Molti degli uomini sotto il loro comando amavano questo genere di argomentazioni. George C. Browder li chiamò “esecutori radicali”, persone che non prestavano attenzione alle sottigliezze legali. Volevano portare a termine il loro lavoro, che consisteva nel proteggere la società. Considerazioni umanitarie e requisiti giuridici erano ritenuti solamente ostacoli. Browder nota che molti di questi poliziotti in Germania provenivano da ambienti della destra anticomunista, ma non necessariamente nazionalsocialista. Fra essi il più illustre era Heinrich Müller, capo della Gestapo durante la guerra, ma non si trattava di un caso insolito. La maggior parte degli uomini della Gestapo aveva lavorato nella Polizia prima dell’ascesa al potere dei nazisti. Solo alcuni di essi contavano legami con i nazisti o le SS prima del 1933, e si trattava degli ultimi reclutati. La mancanza di rapporti precedenti con le SS, tuttavia, non significava fossero indifferenti ai loro obiettivi. “Sarebbe errato affermare che questi uomini rimasero “professionisti apolitici” come presumibilmente erano stati in precedenza. Molti di loro avevano, o quanto meno svilupparono, posizioni politiche definite e consideravano il nuovo potere della Polizia sui sospettati di gran lunga preferibile a quello molto più limitato che si esercitava nell’ambito della Repubblica di Weimar. Determinati quanto i loro superiori a “ripulire il paese”, non necessitavano certo di tante incitazioni per agire con violenza e brutalità contro il numero sempre crescente di persone dichiarate avversari o criminali”. “Quando si trattava di imporre politiche razziali finalizzate a isolare gli ebrei, è evidente che la Gestapo manifestava una rabbia senza limiti, non rispettando neppure in apparenza i procedimenti legali”.
Per comprendere il contesto organizzativo della Polizia di sicurezza durante gli anni della guerra è necessario analizzare un altro importante stadio della sua evoluzione. La Polizia politica prebellica era soprattutto un corpo professionale con un certo grado di identificazione ideologica o, quantomeno, con una volontà professionale di dare pieno appoggio a una linea ideologica finalizzata all’eliminazione dei mali della società. Nel percorso che condusse alla creazione della Polizia di sicurezza nazista dell’epoca bellica, essa venne fusa con la sua immagine speculare, un’organizzazione ideologica che col passare del tempo acquisì abilità professionali: l’SD.
L’SD venne fondato nel 1931 come organizzazione dei servizi segreti delle SS e Heydrich ne fu nominato capo nel 1932. Nell’estate del 1934, quando Himmler e Heydrich salirono al vertice della Polizia di sicurezza di tutto il Reich, Heydrich riuscì anche a rafforzare la posizione dell’SD. Il 9 giugno 1934 un ordine del delegato del Führer Rudolf Hess stabilì che l’SD doveva essere l’unica organizzazione di servizi segreti nell’ambito del partito. Un’altra ordinanza del 4 luglio 1934, immediatamente successiva all’eliminazione dei capi delle SA nella “Notte dei lunghi coltelli”, stabilì la suddivisione dei compiti tra l’SD e la Polizia di sicurezza: quest’ultima avrebbe combattuto i nemici dello stato nazionalsocialista, mentre al servizio di sicurezza sarebbe spettata la lotta contro gli oppositori dell’idea nazionalsocialista. In base a ciò, la Polizia avrebbe eseguito operazioni proibite all’SD, che si sarebbe invece concentrato sulla raccolta di informazioni e sul loro trasferimento alla Polizia politica quando si fosse resa necessaria l’azione operativa; l’SD e le stazioni di Polizia dovevano lavorare in stretto coordinamento. Questa suddivisione dei compiti seguiva una logica duplice: quando si trattava di svolgere funzioni operative – ossia di effettuare degli arresti – agiva la Polizia politica, poiché l’SD, in quanto semplice organizzazione di partito, non era autorizzato a procedere alle incarcerazioni. Nei casi invece in cui le prove penali non erano sufficienti a giustificare l’intervento della Polizia, in particolare quando si trattava di nemici ideologici le cui azioni erano definite riprovevoli non di per sé, ma in base all’interpretazione che ne davano i nazisti, entrava in azione l’SD, trattandosi di un ambito al di fuori della legge, nel quale la Polizia non poteva intervenire.
Il lavoro dell’SD era ripartito fra tre uffici (chiamati Ømter). L’ufficio I [Amt I ] curava l’amministrazione, l’Amt II raccoglieva le informazioni provenienti dal Reich e l’ Amt III quelle esterne. All’interno dell’Amt II, i reparti II 1 e II 3 erano addetti ai “nemici della visione del mondo” [Weltanschauliche Gegner ], il sottoreparto II 11 si occupava di nemici quali la Chiesa o il giudaismo e, in base alla suddivisione interna dei sottoreparti, il II 112 gestiva gli ebrei. Il sistema di numerazione proseguiva fino ai livelli inferiori: alla fine degli anni Trenta Eichmann era responsabile delle informazioni sui sionisti per il reparto II 1123. A capo dell’ufficio equivalente nell’ambito della Polizia di sicurezza, l’Ufficio per le questioni ebraiche, stava il dottor Karl Haselbacher, avvocato per formazione. Dal 1934 al 1937 questa sezione si occupò degli aspetti giuridici riguardanti la limitazione della libertà degli ebrei. Quando nel 1938 la politica mutò e l’attenzione si spostò sull’emigrazione forzata di massa, l’ufficio fu posto in secondo piano e Haselbacher fu trasferito a un’altra carica a Vienna. Venne ucciso in Francia nel 1940 e probabilmente si salvò così dall’eterno disonore che avrebbe colpito successivamente i suoi colleghi in conseguenza delle loro azioni. Mentre l’Ufficio per le questioni ebraiche della Gestapo perseguiva coloro che avevano violato le leggi antiebraiche, come ad esempio quella sulla purezza razziale, la sezione II 112 era impegnata nell’indagine della struttura e delle attività del “giudaismo mondiale”. Tutto ciò era in linea con l’ordine di Himmler del primo luglio 1936, secondo cui tale ufficio era responsabile di tutte le questioni ebraiche che non rientravano sotto la diretta competenza della Polizia di sicurezza.
Nel settembre 1939, all’inizio della guerra, Himmler riorganizzò la Polizia e istituì l’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich [Reichsicherheithauptamt ] o RSHA. Quest’ultimo era composto da due organismi preesistenti, la Sipo (Sicherheitspolizei, Polizia di sicurezza) e l’SD (Sicherheitsdienst, Servizio di sicurezza). La Sipo era suddivisa in due branche: la Kripo (Kriminalpolizei, Polizia criminale) e la Polizia politica, nella versione nazista, denominata Gestapo [Geheime Staatpolizei, Polizia segreta di stato]. Heydrich fu il primo capo dell’RSHA, che può essere considerato il “ministero per gli Affari di Polizia” del Terzo Reich (sebbene la Polizia d’ordine non facesse parte del suo portafoglio). Himmler svolgeva il ruolo di ministro, Heydrich quello di direttore generale; il capo della Gestapo era Heinrich Müller, quello della Polizia criminale (Kripo) Arthur Nebe, mentre Otto Ohlendorf e i restanti dirigenti degli uffici erano vice direttori generali, e i capi dei reparti costituivano il livello intermedio tra essi e i Referenten.
L’RSHA era strettamente legato alle Einsatzgruppen, le “unità d’azione”, che occuparono la scena ripetutamente durante tutta la breve storia del Terzo Reich. Le più famose Einsatzgruppen, tuttavia, furono quelle create nella primavera del 1941, nell’ambito dei preparativi per l’Operazione Barbarossa, il piano di invasione dell’Unione Sovietica. Si trattava di quattro unità che vennero agganciate alla Wehrmacht dall’estremo nord del fronte (Einsatzgruppe A) verso sud (Einsatzgruppen B e C) fino alla Crimea (Einsatzgruppe D). Esistono diversi ottimi studi circostanziati sulle funzioni delle Einsatzgruppen , ma la loro principale attività, per dirlo in forma telegrafica, era penetrare nei territori appena conquistati insieme alle unità d’invasione della Wehrmacht o immediatamente dopo di esse, effettuare retate di tutti gli ebrei che riuscivano a identificare in breve tempo e fucilarli all’istante. Inizialmente si concentrarono sull’uccisione degli uomini, ma dopo quattro-sei settimane cominciarono a uccidere ogni ebreo che trovavano, indiscriminatamente. Gli uomini delle Einsatzgruppen erano stati reclutati dalle diverse sezioni delle SS. I comandanti provenivano dagli uffici dei vari reparti dell’RSHA a Berlino, ai quali la maggior parte di essi ritornò alcuni mesi più tardi. Da abili burocrati quali erano, provvedevano a inviare rapporti quotidiani sulla loro attività a Heydrich, nella sede di Berlino, dove questi venivano conglobati in un rapporto centrale e diffusi in decine di copie. Alcuni di tali resoconti esistono ancora e leggendoli si possono ripercorrere gli elenchi delle persone uccise ogni giorno, spesso enumerate secondo precise categorie: ebrei uomini, donne, bambini e non ebrei .
Come era accaduto in Baviera nel 1933, durante tutto il corso della guerra i lager non furono gestiti dall’RSHA e dalla Gestapo, ma da una branca separata delle SS che nel 1942 fu riorganizzata come Ufficio centrale economico e amministrativo delle SS [Wirtschaft und Verwaltungshauptamt ], o WVHA, con a capo Oswald Pohl. La denominazione WVHA sembrerebbe indicare che il sistema dei campi di concentramento si occupasse essenzialmente di questioni economiche e che lo scopo fosse quello di utilizzare i lager e gli internati a fini industriali e in definitiva per ottenere profitti. Recentemente è stato però condotto un importante studio nel quale si dimostra che, mentre i dirigenti delle SS, naturalmente Himmler compreso, si proponevano quegli scopi, la realtà si dimostrò ben diversa. Proprio come l’RSHA affermava di occuparsi della sicurezza e i suoi reparti si definivano “di Polizia” quando si trattava invece di feroci carnefici, così il WVHA dichiarava di occuparsi di attività industriali mentre in realtà la spinta alla persecuzione dei prigionieri sopraffaceva qualsiasi proposito razionale.