L’uccisione di adulti e bambini ebrei avveniva pubblicamente. Durante una testimonianza resa in tribunale alla fine della guerra, un ufficiale cadetto che era stato stazionato a Bjelaja Zerkov all’epoca degli eventi, dopo aver descritto in macabri dettagli l’esecuzione di un gruppo comprendente circa 150-160 ebrei adulti, formulò i seguenti commenti:
I soldati sapevano di queste esecuzioni e ricordo uno dei miei uomini dire che aveva ricevuto il permesso di prendervi parte. […] Tutti i soldati che erano a Bjelaja Zerkov erano al corrente di quanto stava accadendo. Ogni sera, per tutto il tempo in cui rimasi là, si udivano gli spari dei fucili, malgrado il nemico non fosse nelle vicinanze.
Eventi analoghi avevano luogo lungo tutto il fronte orientale. Ai soldati regolari della Wehrmacht veniva spesso impartito l’ordine di assistere gli Einsatzkommando nello svolgimento dei loro compiti oppure erano i soldati stessi che si offrivano volontariamente. La volonterosa partecipazione delle truppe regolari alla campagna di sterminio, per esempio, durante l’avanzata della Sesta Armata nelle aree polacche un tempo sotto l’occupazione sovietica – in particolare a Leopoli e a Tarnopol – e successivamente in territorio sovietico, trova ampie conferme. In alcune aree, i comandanti delle divisioni si assunsero l’incarico, senza alcuna sollecitazione, di rimpiazzare i Sonderkommando o i battaglioni di polizia quando queste unità non erano immediatamente disponibili. Così nel Commissariato Generale della Bielorussia, il comandante della Divisione di fanteria 707 decise nei primi giorni di ottobre del 1941 di agire di propria iniziativa. La divisione uccise in maniera rapida ed efficace e i suoi uomini fucilarono 19.000 ebrei, in prevalenza nei villaggi e nelle piccole città. Nelle città di maggiori dimensioni, il compito fu suddiviso tra il Battaglione di polizia di riserva 11, con l’ausilio delle milizie lituane, e le unità del SD di Minsk.
I comandanti militari non si preoccuparono di spiegare le uccisioni di donne e bambini alle loro truppe. E neppure il feldmaresciallo von Reichenau a giudicare dal suo famigerato ordine del giorno del 10 ottobre 1941: “I soldati devono manifestare piena comprensione per la necessità della dura ma giusta espiazione della subumanità ebraica” Hitler elogiò l’ordine del giorno e ne sollecitò la diffusione a tutte le unità impegnate in prima linea nell’Est. Nell’arco di poche settimane, il proclama di Reichenau fu imitato dal comandante della Undicesima Armata, von Manstein, e dal comandante della Settima Armata, Hoth.
Il numero di ebrei caduti vittime della partecipazione della Wehrmacht agli eccidi è difficile da quantificare e una stima del numero di soldati e ufficiali coinvolti nei massacri risulta impossibile. Non meno difficile è valutare le reazioni dei membri della Wehrmacht che erano presenti alle uccisioni, ma sappiamo, dalle fonti più diverse, che un folto numero di soldati e ufficiali assistettero e spesso fotografarono interamente i massacri. “Il motivo per cui questi ebrei venissero percossi a morte”, così testimoniò un appuntato della Compagnia panificatori 562 sui massacri di Kovno (l’odierna Kaunas), “non fui in grado di scoprirlo […] quanto agli spettatori erano quasi esclusivamente soldati tedeschi che per curiosità assistevano a quel crudele spettacolo […]” Alcune lettere di soldati mostrano quanto fossero stati assimilati gli stereotipi antisemiti nazisti e le affermazioni ideologiche sugli ebrei. Molti di questi soldati erano troppo giovani per poter essere stati educati sotto il nuovo regime e aver militato qualche tempo nelle file della gioventù hitleriana, la cui brutalità antiebraica era stata dimostrata apertamente durante gli anni precedenti alla guerra. Già durante la campagna polacca le truppe della Wehrmacht avevano manifestato la loro violenza antiebraica, ma questa è stata spesso trascurata dagli storici per via delle ben note proteste espresse dal generale Johannes von Blaskowitz e da qualche altro ufficiale altolocato contro le atrocità delle SS.