Incantos viene fuori dal silenzio della terra, dal sospiro lieve di una donna che guarda il mondo, lo osserva e lo ferma. Mondo che tenta di districarsi fra la rete di relazioni, di sentimenti, di emozioni, ma senza strappi, senza forzature: senza violenza.
Esce dolcemente dal suo intrigo e ci tende una mano, ieraticamente, quasi a volerci offrire la possibilità di essere accompagnati dentro,di essere irretiti in un viaggio all’ interno dell’animo, all’ interno di noi stessi.
Stefania Sergi semplifica gli eccessi: restituisce una sobrietà compositiva che sembra trasudare dall’interno stesso della forma materica, ma che scivola sulla superficie con una sensualità rara, e con un’espressività lontana da quello sterile legame con la tradizione che vincolerebbe il suo lavoro scultoreo a canoni di maniera,auspicabili da pochi occhi non ancora rassegnati all’accettazione incondizionata della concettualità.
Questo è il suo modo di rendere finita l’idea, un modo in cui non esiste altra scultura, perché ci si sente sospesi dal filo del tempo che si attorciglia in un intreccio indissolubile e che non lascia trapelare altre idee, altre soluzioni possibili. Incantos ne esce così vittoriosa e fiera, bianca da un labirinto di fili, indicandoci “la strada”, proteggendoci dai vicoli ciechi che conducono a muri invalicabili. Si fa essa stessa via d’uscita, filo d’Arianna che ci porta al “tesoro”, logica che svela il mistero del viaggio verso la catarsi, melagrana ricca di semi fertili e fruttuosi.
Incantos osserva. Osserva e ci accompagna in questo viaggio a ritroso, arcano,che man mano progredisce verso il centro di noi stessi, ma pretendendone un ritorno, in un luogo dove quello sforzo umano intellettivo e carnale tramuta il caotico in materia prima.
E’ un viaggio dove i suoi passeggeri cercheranno ogni volta di impossessarsi di quei fili invisibili che legano l’uomo alla sua stessa arte, svelandone dignità e consapevolezza. Dignità consapevolezza che trasudano da Incantos mai artificiose.
Espressioni pure di una fierezza del proprio essere: finalmente donna.
L’Editore Gino Fienga
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