L’Odissea, come l’Iliade, è un poema epico attribuito a Omero.
L’Odissea narra il lungo viaggio (il nostos) compiuto da Odisseo (Ulisse per i Latini) per ritornare in patria, a Itaca, dopo l’espugnazione della città di Troia. L’opera presenta anche le vicende successive alla morte di Ettore, con cui l’Iliade si concludeva, come la conquista della città di Troia, avvenuta attraverso l’inganno del cavallo escogitato dal nostro protagonista. Il poema è costituito, come l’Iliade, da 24 libri in esametri, raccolti in tre grandi nuclei tematici:
- la Telemachia (libri I-IV): i primi quattro canti dell’Odissea sono dedicati al figlio di Ulisse, Telemaco.
- I viaggi di Odisseo (libri V -XII): narrano il naufragio di Ulisse a seguito della furia di Poseidone presso i Feaci, nell’isola di Scheria, e la sua permanenza sull’isola. Segue la narrazione di alcune sue imprese.
- Il ritorno e la vendetta di Odisseo (libri XIII – XXIV): qui vengono trattati il ritorno ad Itaca di Ulisse e la sua vendetta contro i Proci.
Contenuto dell’opera
Proemio
Come l’Iliade, anche l’Odissea si apre con un proemio costituito dall’invocazione della musa ispiratrice e dalla protasi, in cui si sintetizza il contenuto dell’intera vicenda. In particolare viene descritto Ulisse, mettendo in evidenza le divergenze con Achille, protagonista dell’Iliade: egli è una persona che soffre per la lontanza da casa, è intelligente, astuto, pronto a sfruttare ogni situazione ed insaziabilmente curioso. Non a caso, il primo aggettivo che lo caratterizza è polytropon, cioè “multiforme, polimorfo” e “trascinato dal fato, dal destino”. Al termine viene anche citato un fatto narrato nel XII libro dell’Odissea, il cosiddetto Episodio di Iperione, in cui i compagni di Ulisse uccidono e si cibano delle vacche sacre del Dio Sole, il quale, sentendosi oltraggiato, li punisce con la morte.
Telemachia (libri I-IV)
Sono trascorsi dieci anni dalla fine della guerra di Troia, per la quale Ulisse era partito da Itaca quando il figlio era ancora un bambino. Ora Telemaco ha circa vent’anni e vive con la madre Penelope e con i proci, ovvero 119 nobili di Itaca che pretendono in sposa la presunta vedova, per ottenere la corona. La donna, sperando nel ritorno del marito, promette a costoro che sceglierà un nuovo re solo se riuscirà a concludere un sudario per il suocero Laerte, prima che giunga Ulisse. Per evitare le nozze tuttavia, Penelope disfa durante la notte la tela tessuta di giorno. Nel frattempo un concilio degli dei si riunsice per decidere il destino di Odisseo trattenuto ormai da otto anni dalla ninfa Calipso sull’isola di Ogigia. Non appena Poseidone, che odia Ulisse, si allontana per partecipare ad un banchetto, gli dei decidono di concedere a Ulisse il ritorno a Itaca. Ermes si recherà allora presso Calipso per convincerla a lasciare andare il nostro protagonista, mentre la dea Atena, assunte le sembianze del re Mentes, si reca da Telemaco, per indurlo a partire alla ricerca del padre.
Intanto Femio, cantore della reggia di Ulisse, recita un poema, intolatato Il ritorno da Troia, che turba Penelope, rammemorandole il marito. Inizia così il racconto del viaggio di Telemaco che si reca, all’insaputa della madre, dapprima presso uno dei più venerabili eroe greci reduci da Troia, Nestore, e poi, accompagnato da Pisistrato, figlio di Nestore, da Menelao, a Sparta. Quest’ultimo gli rivela che in Egitto ha saputo dal dio del mare Proteo che Odisseo è appunto prigioniero della ninfa ad Ogigia. Telemaco scopre anche della morte di Agamennone, assassinato dalla moglie Clittemnestra e dall’amante Egisto. Intanto a Itaca, sotto la guida di Antinoo, i proci si stabiliscono definitivamente nel palazzo di Penelope e, venuti a conoscenza della spedizione del figlio Telemaco, organizzano un agguato per sbarazzarsi di un fastidioso erede. Penelope, non appena viene avvisata si rivolge ad Atena e ne invoca l’aiuto: questa le apparirà in sogno, rassicurandola sulle sorti del figlio.
I viaggi di Odisseo (libri V-XII)
Calipso, dopo aver ricevuto da Ermes l’ordine di lasciare partire Ulisse, promette all’eroe greco il dono dell’immortalità, che Odisseo rifiuta per la nostalgia che prova nei confronti della patria e della amata moglie. La ninfa così, seppur a malincuore, aiuta l’eroe nella costruzione di una zattera per aiutarlo ripartire. Dopo alcuni giorni di tranquilla navigazione, Ulisse è vittima di una violenta tempesta scatenata da Poseidone. Dopo due giorni e due notti, l’eroe, attraverso l’aiuto della dea Atena, riesce ad approdare sulla spiaggia dell’isola di Scheria, dove stremato, si addormenta. Atena appare in sogno a Nausicaa, figlia di Alcinoo, re dell’isola, e le consiglia di recarsi al fiume per lavare il corredo nuziale. Nausicaa, il mattino seguente, si reca al fiume dove gioca a palla con le ancelle, fino a svegliare Ulisse, che le chiede informazioni sul luogo in cui si trova. Spaventate, le serve si danno alla fuga: solo Nausicaa ascolta l’eroe e gli offre il suo aiuto, esortandolo a chiedere l’ospitalità ai genitori.
Il giorno seguente è organizzato un banchetto in suo onore, e Demodoco, un cantore, racconta gli episodi riguardanti la caduta di Troia e dell’inganno del cavallo: Ulisse, nel sentire la storia della guerra, piange e Alcinoo lo invita a rivelare la sua identità. Odisseo rivela il suo nome e inizia a narrare il ritorno a partire dal termine della guerra. Incomincia qui il lungo flashback attraverso il quale si ripercorrono le vicende dell’eroe greco. Dopo la guerra, Ulisse sbarca nella terra dei Ciconi e saccheggia la città di Ismara, nella regione della Tracia. Costretto alla fuga (nella quale egli perde alcuni uomini), Ulisse approda all’isola dei Lotofagi, i “mangiatori di loto”, un fiore che fa dimenticare il passato, e poi alla terra dei Ciclopi, dei mostruosi giganti pastori con un solo occhio. Qui l’eroe greco e i suoi compagni sono catturati da Polifemo, e Ulisse si salva ricorrendo alla sua proverbiale astuzia: dopo aver detto al mostro di chiamarsi “Nessuno”, Odisseo fa ubriacare il ciclope e poi lo acceca con un palo rovente. Quando Polifemo urla che “Nessuno lo ha accecato”, gli altri ciclopi credono semplicemente ch’egli abbia esagerato con il vino. Ulisse e i compagni, nascosti sotto alcune pecore, sfuggono poi al mostro che controlla i suoi animali tastandoli con le gigantesche mani.
Ulisse si dirige poi da Eolo, dio dei venti, il quale dona loro un otre, racchiudente i venti contrari alla navigazione. Sfortunatamente, però, proprio nel momento in cui già appare all’orizzonte l’amata Itaca, i compagni, credendo che l’otre celi un tesoro, lo aprono, liberando i venti sfavorevoli che rispingono le navi di Ulisse in alto mare. Ulisse si reca nuovamente da Eolo per scusarsi e per implorare invano un’altra occasione. L’eroe approda poi nella terra dei Lestrigoni, dei giganti cannibali che fanno strage dell’equipaggio di Ulisse, che fugge con l’unica nave superstite verso l’isola di Eea. Qui la seducente maga Circe, invaghita del protagonista, trasforma il resto della truppa in maiali: Odisseo spezzerà l’incantesimo solo grazie ad un’erba magica donatagli da Ermes. Dopo un soggiorno di quasi un anno presso la maga, quest’ultima lo invia nel paese dei Cimmeri, da cui Ulisse potrà scendere nell’Ade. Qui egli incontra molti eroi greci, tra cui Agamennone, Achille ed Eracle e soprattutto l’indovino Tiresia, che gli predice la lotta contro i Proci, lo invita a prestare attenzione alle vacche del dio Iperione e gli annuncia una misteriosa morte lontano dalla patria.
Ulisse torna da Circe e, seguendo i suoi consigli, riparte per mare. Incrociando le Sirene, egli tura le orecchie dei compagni con della cera e si lega all’albero della nave, per ascoltare il canto delle creature mitologiche senza cedervi (e quindi naufragare). Ulisse supera poi i mostri Scilla e Cariddi, posti all’altezza dello stretto di Messina, e approda in Trinacria, l’attuale Sicilia. Qui i compagni, stremati dal lungo viaggio e dalla fame, si cibano delle vacche del dio Sole provocando l’ira del dio, che si vendica con una tempesta non appena essi riprendono il mare. Unico superstite, Odisseo giunge all’isola di Calipso, dove rimane per otto anni.
Termina qui il racconto di Ulisse ai Feaci, che, commossi, lo riportano a Itaca.
Il ritorno e la vendetta (libri XIII-XXIV)
Giunto alla spiaggia di Itaca, Ulisse, viene trasformato in un vecchio mendicante. In seguito Atena si reca a Sparta da Telemaco, per esortarlo a fare ritorno a casa, mentre Ulisse chiede ospitalità a Eumeo, un umile porcaro rimastogli fedele dopo tanti anni, venendo così a sapere della tirannia imposta dai proci alla moglie Penelope. Raggiunto dal figlio, cui svela la propria identità, Ulisse organizza il piano per attuare la vendetta.
Odisseo, sempre con le sembianze di un misero mendicante, si reca alla reggia reale, dove ha modo di osservare la volgarità dei proci. Riconosciuto solo dal fedelissimo cane Argo, che muore subito dopo averlo rivisto, Ulisse ha un colloquio con la moglie, che non sa di trovarsi di fronte al marito. Ulisse, mantenendo l’incognito, le annuncia il suo futuro ritorno. In mezzo alle continue prepotenze dei proci, anche nei confronti dello stesso Ulisse (riconosciuto, per via di una cicatrice, dalla vecchia nutrice Euriclea, cui però l’eroe greco impone il silenzio), Penelope indice una gara con l’arco di Ulisse per scegliere un nuovo re. La donna sposerà chi saprà tendere l’arco e scoccare una freccia attraverso l’anello di dodici scuri. Mentre i proci falliscono miseramente, Ulisse supera facilmente la prova e, con l’aiuto di Telemaco, stermina gli avversari. Penelope pone al marito un’ultima prova: descrivere con tutti i dettagli il loro letto nuziale. Ulisse si reca poi dal padre Laerte, cui descrive con precisione un frutteto donatogli dal genitore. Placata con l’aiuto di Atena un’ultima rivolta interna, Ulisse, tornato re di Itaca, stila patti di pace e tranquilla convivenza.