IL MITO POEMI

La ‘storia sacra’ degli dèi e degli eroi

Nei poemi omerici si trovano riferimenti a episodi anteriori all’insediarsi definitivo del potere degli dèi olimpi e al costituirsi stabile dell’assetto del pantheon greco, con Zeus al potere e le varie sfere di influenza distribuite fra le divinità maggiori.

Tracce della più antica ‘storia sacra’ dei Greci, il poderoso intreccio delle ramificate vicende del mito e delle sue varianti: antiche lotte fra gli dèi, collocate in un’epoca in cui evidentemente il potere di Zeus e delle divinità olimpie non era ancora così ben insediato e strutturato, come appare nella letteratura arcaica. Anche la parte primordiale del mito, dalle origini del mondo (cosmogonia) fino al suo assetto ‘attuale’, doveva dunque essere nota all’Iliade e all’Odissea, almeno per quelle linee essenziali che ne facevano la ‘storia antica’ della religione dei poemi.

Molte grandiose saghe (come quelle di Eracle, degli Atridi, di Edipo, la stessa vicenda di Troia di cui fa parte il contenuto dei poemi) erano note all’epica arcaica, entro il cui alveo sono nate l’Iliade e l’Odissea.

Queste lunghe e complicate vicende mitiche si ritrovano in molti testi posteriori, con varianti più o meno importanti, e furono anche oggetto di raccolte mitografiche manualistiche ed erudite: ma la sistemazione delle loro linee essenziali è precedente alla più antica poesia conservata.
La ‘storia sacra’ cominciava dalle origini del mondo. Sono vicende di cui si colgono bene i caratteri primordiali.

All’inizio era Chaos, da cui nacquero Gaia (Terra), Tartaro (gli abissi della terra), Eros (che unisce gli esseri), Notte. Gaia generò per primo Urano (Cielo) stellato, che l’avvolse interamente tutto intorno: da questa sorta di copula cosmica di cielo e terra (Urano-Gaia) furono generati vari esseri divini, come Oceano, Mnemosine e numerosi altri, ultimo dei quali fu Crono.

Gaia però era infelice a causa di tale eccessiva fecondità e chiese ai figli di liberarla dal peso: solo Crono accettò il compito e riuscì a tagliare i genitali del padre, rendendolo inoffensivo. Al potere di Urano sull’universo succedette così quello di suo figlio, in seguito sconfitto a sua volta dal figlio Zeus, che instaurò nell’universo il potere degli Olimpi. Tre generazioni divine conducevano all’assetto religioso e al pantheon usuale per i Greci di età storica: ne conseguivano le svariate avventure degli eroi, esseri semidivini figli di un dio e una donna mortale o di una dea e un uomo mortale.
Nell’insieme del mito sono infiniti i collegamenti e i legami che ne evidenziano il carattere di ‘epopea’ del popolo e della cultura greca. Tuttavia i Greci non avevano un testo rivelato e canonico: non avevano dunque una ortodossia teologica e e religiosa, intorno alla quale dividersi e scagliarsi anatemi. È un concetto essenziale, che spiega bene l’assenza dell’idea di una «eresia» religiosa nel senso per noi abituale e la libertà con cui poeti, scrittori e pensatori utilizzavano il mito, modificandolo per i loro scopi artistici o argomentativi: talvolta la variazione di un singolo elemento assume un significato di basilare importanza per i fini estetici o ideologici dell’autore.

Il primo efficace intervento sul mito lo operò proprio il poeta che ‘inventò’ l’Iliade, ossia Omero, qualunque cosa questo voglia dire. Da un insieme poderoso di storie o, se vogliamo, anche soltanto dal lungo svilupparsi della saga di Troia (dal giudizio di Paride fino ai ritorni dei reduci), egli scelse di raccontare un segmento molto piccolo, un episodio della durata di una cinquantina di giorni alla fine del nono anno di assedio.
Dopo di lui, un altro geniale poeta o lui stesso, non sappiamo esattamente, ne raccolse l’esempio, isolando ed esaltando uno dei ritorni degli eroi di Troia: ne fece una peregrinazione decennale, piena di avventure e di significati, e ne risultò l’Odissea. Ma costruì un modello narrativo meno lineare, iniziando relativamente vicino al ritorno in patria del protagonista e facendo raccontare a lui stesso le vicende precedenti, con un flashback fatto di un racconto ‘in io’ all’interno del racconto in terza persona.

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